di Eleonora de Prez

Una doccia fredda di consapevolezza sulla condizione umana. Ecco come appare agli occhi dello spettatore l’adattamento dei tre atti unici da Anton Checov di Roberto Rustioni, in scena al Teatro I dal 29 novembre al 10 dicembre 2012.
Quattro attori, una stanza e una decine di sedie. Ecco quanto basta a rendere pienamente la visione dell’uomo secondo Checov: disincantata.
Ad aprire lo spettacolo è l’adattamento de La proposta di matrimonio. Attraverso risate, lacrime, comiche posizioni infantili e imbarazzo si ottiene una riuscitissima ridicolizzazione dei comportamenti umani, rappresentati in tutta la loro pateticità. Prende così vita una comicità tragica che induce al pianto e al riso a distanza di poche battute.
Una piacevole sorpresa, già in questo primo atto, sono le musiche d’autore e i passi di danza, coreografati da Olimpia Fortuni, che si inseriscono perfettamente nell’azione teatrale senza intaccare la realisticità della recitazione. La danza diventa un mezzo che risveglia gli istinti, che esprime ciò che alle parole non è dato di esprimere.
Fine dell’atto. Ci si aspetta una chiusura di sipario o per lo meno l’uscita dei personaggi. Niente di tutto ciò, gli attori si cambiano e cambiano la scena sotto gli occhi degli spettatori. Che non ci si immagini un trasformismo all’Arturo Brachetti: i personaggi si prendono il loro tempo per mutarsi d’abito e di pelle senza però rendere l’atmosfera tediosa.

A La proposta di matrimonio seguono L’orso e L’anniversario.
Scena pregnante del primo è quella caratterizzata da un esilarante scambio di battute in cui si chiarifica l’idea di Checov riguardo al rapporto uomo-donna, entrambi persuasi della colpevolezza dell’altro sesso: lui convinto che le donne “sospirino e ti prendano per i fondelli”, lei che gli uomini siano “traditori” per definizione.
Ne L’anniversario il regista ha voluto invece trattare un tema di tutt’altra natura, odierno e particolarmente vicino allo spettatore: quello della corruzione e della spasmodica corsa al denaro. Tema trito e ritrito, è vero. Eppure qui è presentato con un taglio innovativo ed efficace, esasperando e portando alle estreme conseguenze la disperata sete di denaro da parte dei personaggi: una donna disposta a tutto pur di ottenere ciò che vuole, un impiegato burbero che, per terminare il suo lavoro e ottenere il compenso a lui dovuto, arriva alla violenza e un proprietario di banca impegnato a giocare sporco pur di mantenere intatta la facciata del suo impero finanziario, in realtà allo sfascio.
In questo atto si assiste anche all’interessante accostamento tra il tema dei soldi e il rapporto uomo-donna, relazione che porta alla totale assenza di erotismo e a un’inquietante vacuità.
Nei tre atti compaiono una decina di personaggi, tutti con un passato, una vita e un carattere completamente differenti. Invidiabile è quindi la bravura degli attori che, con un evidente lavoro sul proprio vissuto in rapporto al personaggio e servendosi di una studiata micro-gestualità, hanno reso in modo esemplare la caratterizzazione psicologica dei personaggi da loro interpretati.
Lavoro altrettanto meritevole è quello del regista che si è cimentato, con indubbio successo, nella fusione tra la propria personale visione e quella di Checov e ha saputo fare di questi tre gioielli uno spettacolo unitario, curato, originale e innovativo.

 

Questo contenuto fa parte del Progetto scuole di Stratagemmi_prospettive teatrali