Abbiamo dialogato con la compagnia Cocoondance intervistando András Déri, Werner Nigg, Álvaro Esteban (interpreti) e Rainald Endraß (drammaturgo).

In Momentum il pubblico è distribuito in piedi su tutti i lati della scena. Perché questa scelta?
R.E.: Questa disposizione del pubblico è abbastanza frequente nei nostri spettacoli: non utilizziamo quasi mai un palcoscenico canonico. È infatti importante per noi far in modo che l’energia cinetica dei performer possa trasmettersi direttamente al pubblico: con questa struttura scenica capita allora che buona parte degli spettatori venga contagiata e cominci a tenere il ritmo coi piedi o con la testa. Rompere il confine che c’è fra danzatore e spettatore è da sempre uno dei punti cardine della compagnia. Per esempio in una delle nostre ultime produzioni, Ghost trio B – corps multiples, gli spettatori sono liberi di camminare per il palco e scegliere una prospettiva personale. Tutti i partecipanti alla performance hanno sul volto un sacco con dei fori da cui cercano di scoprire chi fra di loro è un danzatore. In questo modo tutti, sia i performer sia il pubblico, diventano interessanti!

In che modo la relazione pubblico influisce sullo spettacolo?
W.N.: In Momentum non c’è alcuna narrazione: nessuna storia, nessun messaggio. Non si tratta nemmeno di una vera e propria coreografia né di una danza, perché sarebbero forme troppo circoscritte. Tutto parte dal corpo e dall’energia del movimento e il pubblico è libero di pensare ciò che gli suggerisce la propria sensibilità. Per questo la relazione con gli spettatori diventa determinante: cerchiamo di stabilire un contatto sviluppando alcune suggestioni sul tema dell’identità. All’inizio siamo infatti solo corpi che si muovono, senza volto: portiamo sul viso un pezzo di stoffa, che poi, nella seconda parte della performance ci togliamo. Una volta rivelati, senza maschera, diventiamo esseri umani identici al pubblico, stabilendo così una connessione molto diretta. A partire da questo momento la performance stessa cresce in base ai feedback e alle reazioni che riceviamo dagli spettatori.

Il tema dell’evoluzione è un’altra delle suggestioni che attraversa il vostro spettacolo. In che modo lo affrontate dall’interno?
Á.E.: Durante la creazione di questo lavoro abbiamo guardato alcuni video di insetti che nascono o che escono dalle proprie mute. Sul palco cerco allora di figurarmi l’evoluzione delle specie, dallo stato di larva fino a quello di uomo con una propria identità, e di connettermi con una sorta di ‘energia animale’. Per farlo sfrutto la musica che, crescendo sempre di più, fa aumentare la mia intensità di movimento,  e quindi la mia energia corporea fino a una vera e propria esplosione di energia finale.
A.D.: In Momentum il mio stato emotivo si avvicina al pure existence, cerca cioè di riflettere l’esistenza umana che evolve e cresce grazie alla connessione con ciò che ci circonda. Parto quindi dal pavimento, poi passo all’aria, ai miei compagni e infine al pubblico. Attraverso il contatto visivo con lo spettatore costruiamo insieme la vita!

Laura Cassinelli


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView