Romeo e Giulietta 1.1 è il primo spettacolo del progetto “Antologia” che recupera i lavori più significativi della sua linea coreografica. Che cosa l’ha spinta a rivisitare le sue coreografie ‘storiche’? Che cosa sta trovando lungo il percorso?
È avvenuto in modo naturale. Sentivo la necessità di stabilire un nuovo contatto con il passato e affrontare la memoria dei miei lavori. In particolare nel caso di Romeo e Giulietta ho cercato di ‘invertire’ ciò che determina l’emozione del pubblico: se nella versione del 2006 la scenografia esercitava un’influenza forte, in questa nuova versione tutta l’attenzione è diretta sul senso di ‘sfocatura’ trasmesso dai corpi dei danzatori. In questo percorso sto riscoprendo sicuramente tante emozioni, tanti momenti che ho vissuto; ma la cosa più interessante è ciò che trovo (e troverò) nel rapporto tra i miei lavori passati e quelli di oggi. Nell’arco di questi dieci anni sono passato attraverso un grande cambiamento nel linguaggio, nel metodo di lavoro e nel modo di usare il corpo e spero che questo raffronto possa essere l’occasione per scoprire nuovi stimoli.
Romeo e Giulietta 1.1 non è soltanto un ritorno alla storia d’amore più famosa di sempre ma anche l’occasione per parlare di un rapporto, quello con un contesto avverso ai due protagonisti, incapaci di raggiungere la giusta distanza tra i corpi. Che cosa impedisce nella società di oggi la corretta messa a fuoco?
I due protagonisti sono ‘sfocati’ tra di loro, difatti non si incontrano per buona parte dello spettacolo, ma sono ‘sfocati’ soprattutto nei confronti della società. Io non so perché i giovani non si sentano al posto giusto nel momento giusto – personalmente mi sono sempre sentito a mio agio in qualsiasi contesto – però osservo e noto questa difficoltà e cerco di tradurre le emozioni che ne derivano sul palco.
Scenario Pubblico, il suo Centro Nazionale per la Produzione della Danza, insieme alla casa editrice Malcor D’, hanno inaugurato un percorso di editoria per la danza. Quali ritiene possano essere i mezzi più efficaci nella comunicazione e nel processo di avvicinamento del pubblico alla danza contemporanea?
Innanzitutto gli spettacoli di qualità, con danzatori bravi, magari anche con coreografi bravi e un lavoro continuo nel tempo. Poi possono contribuire anche altri mezzi, come la parte editoriale e i video. Sono tutte parcellizzazioni di una crescita comune generalizzata. Il problema dell’avvicinamento del pubblico è che le persone non si sentono ancora adatte alla visione della danza: non si va a vedere la danza con la stessa libertà con cui si guarda qualsiasi altra opera d’arte. Non tutti capiscono l’arte, ma nella danza tutti pretendono di capire. Non si deve sempre capire, è la suggestione ciò che conta.
A cura di Roberta Demoro
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView