Nelle due parti di Look Look + No comment è presente una forte interazione con il pubblico, quanto è importante questo aspetto per la vostra compagnia?
In teatro spesso gli spettatori stanno esclusivamente a guardare, come al cinema: per la nostra compagnia è invece importante che l’esperienza sia più viva e meno distaccata. Per questo nella prima parte un danzatore copia le movenze di uno spettatore, che si ritrova così parte integrante dello spettacolo. Alcune persone reagiscono con disagio e altre con entusiasmo, soprattutto per la grande differenza culturale che ci divide. Ma ci accomuna l’appartenenza al genere umano, che è mosso dallo stesso tipo di emozioni. Nella seconda parte invece i performer replicano parte della coreografia sul palco, tra gli spalti e questo avviene per trasmettere l’energia del pezzo al pubblico. Non a caso la sequenza è costituita spesso dal gesto di battere il proprio petto: è un gesto che tutti possono compiere e, dalle nostre parti, spesso il pubblico lo ripete con noi.

Nelle vostre tournée incontrate pubblici molto diversi tra loro, ma spesso anche lontani dal vostro orizzonte culturale: come rispondono gli spettatori ai vostri spettacoli?
Certe volte il pubblico ci apprezza molto e coglie il messaggio del nostro lavoro, mentre altre volte risponde in modo molto freddo perché non riesce a contestualizzare la nostra cultura: la Corea è spezzata dalla guerra tra Nord e Sud e il nostro lavoro ne è inevitabilmente influenzato. Se il pubblico non ne è a conoscenza spesso non ci comprende nel modo corretto ed è una cosa che noi consideriamo lecita. Ad esempio in un nostro lavoro utilizziamo le nostre divise militari oppure la registrazione della voce di Hitler e capita che non tutti i paesi rispondano positivamente a queste suggestioni.

Spesso nei vostri spettacoli le arti marziali sembrano influenzare intere sequenze: in che modo e quanto rappresentano una fonte di ispirazione?
Quando ero giovane ho praticato il taekwondo, dal quale attingo spesso la forza nei movimenti, così come l’energia e la velocità. Tuttavia se una combinazione è solo “veloce e forte” non riesce ad essere percepita emotivamente: come in tutte le cose, arrivare a un apice è più coinvolgente di un ritmo costante, per quanto intenso esso sia. Un detto recita: “a volte ‘lento e veloce’ è di fatto ‘più veloce’”, come a sottolineare che sono i cambi di ritmo a esaltare la velocità stessa.  Ciò che conta dunque è più l’energia, la qualità con cui si mostra un movimento: il teatro ha il grande pregio di poterla comunicare molto più del cinema. Nelle mie coreografie spesso inserisco alcune tecniche del taekwondo così come sono, senza modificarle in alcun modo: mi limito a utilizzare elementi ‘in contrasto’, come far indossare al danzatore che dovrà eseguirle un lungo cappotto nero. L’effetto che si produce può essere davvero interessante!

Marco Macedonio


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MilanOltreView