Fra i registi greci contemporanei, Theodoros Terzòpoulos è senz’altro il più noto in ambito internazionale, anche perché, dopo il giovanile apprendistato al Berliner Ensemble, si è fatto promotore instancabile di iniziative artistiche dal respiro cosmopolita (come ad esempio il Centro Culturale Europeo di Delfi). Sono però le sue proposte innovative a renderlo uno dei Maestri del teatro del Novecento. Ed è singolare scoprire che la sua “casa” è il piccolo Theatro Attis, situato nel quartiere Ceramico di Atene, al di fuori dei circuiti culturali del centro. Un luogo-simbolo, fucina di energie creative che nel 2014 ha festeggiato i trent’anni di attività.
Nel mese di dicembre il pubblico è accorso numeroso alla performance Amor, elaborazione di un testo-palinsesto del poeta Thanasis Alevràs pieno di assonanze e ironici giochi di parole (“six/sex/success”). Il tema è attualissimo: la svendita, che da concetto economico dilaga a definire la degradazione morale di un’intera società. Due attori sulla scena: lui, delirante, sciorina serie di cifre e numeri, indicatori economici (Dow Jones, Nasdaq), tassi di interesse, digitando ossessivamente nell’aria come su un invisibile calcolatore. Lei è una Winnie post-beckettiana che si immerge in un grande cilindro nero, o riemerge all’improvviso chiedendo ansiosa : “Quanto valgo?”. Vuole infatti partecipare all’asta ed è disposta a vendere tutto, un vecchio orologio e gli accessori teatrali, e perfino i propri organi e sentimenti. I prezzi seguono le variazioni della Borsa e i due attori esprimono con la continua mobilità dei visi e del corpo la sussultoria logica dei numeri, i palpiti e le lacerazioni di una società, soggiogata e umiliata dall’invisibile potere della finanza. Può l’uomo contemporaneo rinnegare questo mondo delirante e ritrovare il piacere edonistico nell’amore?
Anche in questo spettacolo si riconosce il celebre “metodo-Terzòpoulos”, che rifiuta il logocentrismo trionfante del teatro occidentale come pure la vena realistica, per mettere al centro il corpo, il movimento, la gestualità, le energie vitali. Con riferimenti al teatro giapponese (No e Kabuki), al Katakhali indiano e alle drammatizzazioni degli Aborigeni e delle popolazioni africane, il teatro di Terzòpoulos rinvia a uno stato pre-sociale e fonda una ritualità materica e corporea che fa riemergere gli archetipi dei simboli alla base della civiltà, mescolati e riplasmati a nuova vita.
Le declinazioni di tale metodo sono state negli anni le più varie. Se oggi il tema è l’economia, nel 2009 era la politica: è stato a lungo sold-out lo spettacolo Mauser di Heiner Müller, una critica all’ideologia e alla burocrazia di regime, ma con riferimenti anche alla ferita ancora aperta della guerra civile greca dell’immediato dopoguerra. Gli attori erano “imprigionati” in una scenografia simile ad una fossa dei leoni, da cui emergevano solo le teste, nell’espressività lacerante del dolore. L’attenzione di Terzòpoulos è sempre sul linguaggio, scomposto in frammentazioni vocali ed esplosioni sonore, per mostrare l’assurdità di un sistema comunicativo spesso ambiguo e inefficace. Così accadeva anche in Alarme (Atene 2010 e poi in Italia, nel 2013 al festival Vie), sconvolgente rilettura dello scontro fra Elisabetta e Maria Stuarda, ridotto a confronto fisico tra corpi, costretti a strisciare su un piano inclinato claustrofobico. La parola è letteralmente fatta a pezzi, disarticolata fino a diventare emissione gutturale, urlo, salivazione. In ogni spettacolo, da trent’anni, questo rivoluzionario utilizzo dell’espressività fisica e vocale non smette di rinnovarsi e di stupire Atene e il mondo.
Buon compleanno Theatro Attis!
Gilda Tentorio