Un braccio teso verso l’alto, la mano che per allungarsi al cielo gira su se stessa, prima di ricadere. Il braccio opposto inizialmente fermo dietro la schiena. La gamba destra leggermente più avanti della sinistra: le punte dei piedi spingono a terra, i talloni si alzano, ispirano tutto il corpo. La schiena e il collo si inarcano leggermente, lo sguardo rivolto a un punto lontano del cielo. D’improvviso il corpo cade indietro in una sorta d’inchino.

foto: Elisa Vettori

Uno dei tanti gesti raccolti per le strade di Pergine dal collettivo Sauf le Dimanche è rivolto al passato, come ci raccontano Marie Doiret ed Emilie Buestel: esprime il tentativo di tenere vicina una persona che non c’è più. Le coreografe e danzatrici (insieme a Claudio Ioanna) di Harvest ne hanno raccolto e cristallizzato molti durante la settimana di residenza a Pergine, nell’ambito del progetto (UN)COMMON SPACES di IN SITU, la piattaforma europea per creazioni artistiche negli spazi pubblici a cui partecipano, oltre a Pergine festival, ZONA K, BASE e Sardegna Teatro.

E proprio lo spazio pubblico diventa fondamentale in Harvest, la restituzione di questa prima parte della ricerca realizzata in piazza Municipio: il luogo in cui i danzatori hanno appreso e raccolto carezze, abbracci, saluti e segnali è lo stesso in cui passanti, cittadini e visitatori si ritrovano e si mescolano alla performance.  Ci vengono proposte le stesse domande emerse durante il processo creativo: com’è un gesto d’accoglienza? Com’è uno di resistenza?  E soprattutto: di quale gesto abbiamo bisogno oggi?

Non solo i gesti, dunque, ma questo stesso dialogo e processo con i passanti viene tradotto in danza, alternando momenti più improvvisati e partecipativi ad altri più concentrati e strutturati. Appare evidente, nell’uso intelligente dello spazio pubblico e nel continuo posizionarsi e nascondersi fra crocevia, centri e mura antiche, la ricerca del collettivo  sulla prossemica e sulla prossimità e distanza rispetto a spettatrici e spettatori (liberamente dispersi nella grande piazza Municipio): dopo qualche minuto è perfettamente normale che una danzatrice sfiori le magliette fra il pubblico, tenda la mano, oppure che altre due compaiano in fondo a una stretta via del centro storico. Lo spazio smarrisce dunque il proprio centro, lo spettatore è costretto a girare lo sguardo in varie direzioni, acquisendo nuove coordinate e perdendo i confini canonici dell’evento scenico. E l’“ingresso” in questo spazio di un ragazzo con i cartoni della pizza, di uno stormo di ciclisti fosforescenti, o il volo improvviso di un piccione nel momento di un gesto saltato, diventano elementi scenografici o addirittura coreografici di grande impatto. 

foto: Elisa Vettori

L’imprevedibilità dello spazio e della relazione non sono gli unici elementi di Harvest. Varie canzoni (musica classica, brani indie, jazz, disco) creano occasioni di soli, duetti o trio danzati, che inglobano e fluidificano i gesti presentati all’inizio. La relazione fra i performer, vestiti di blu, si sposta dall’assistenza reciproca nei vari quadri che si susseguono, al bilanciamento tra  le varie temperature del movimento. Tutto appare semplice e spontaneo, anche l’ultimo passaggio in cui viene chiesto al pubblico di trovare e donare nuovi gesti alla danza finale, quando tutti i movimenti  sinora eseguiti ritornano mescolandosi a ritmo più serrato.

La ricerca è appena iniziata, ci sarà da riflettere ancora sul tema della raccolta negli spazi pubblici (allusa nel titolo) e su questo scambio di gesti con spettatori e passanti che andrà raffinato, nonostante qui si sia già dimostrato efficace. La restituzione, d’altro canto, occupa un tassello importante nell’economia della seconda settimana di Pergine festival: quello di un dialogo dinamico e intenso fra i linguaggi performativi e lo spazio pubblico urbano. Con Harvest il festival di Pergine torna ad essere a cielo aperto. 

Riccardo Corcione


foto di copertina: Elisa Vettori


HARVEST
una creazione Sauf Le Dimanche
performer Marie Doiret, Emilie Buestel, Claudio Ioanna
con il supporto di L’Agora-Desnos Theater in Evry (France) e di (UN)COMMON SPACES 2020-2024

contenuto creato nell’ambito dell’osservatorio critico di Pergine Festival 2022