Cosa hanno in comune Rambo, Kurt Cobain e Don Milani? Si potrebbe faticare a trovare un filo rosso tra questi tre nomi; eppure la connessione è immediata per chi ha conosciuto Gianni, protagonista e unico personaggio in scena di Cara professoressa, bidello in una scuola pubblica italiana, che grazie a due studenti non meglio precisati si ritrova in mano Lettera a una professoressa di Don Milani.
La lettura del libro fa sì che Gianni si identifichi nell’ultimo della classe della scuola di Barbiana, che con lui condivide non solo il nome ma anche un rapporto complicato con l’istituzione scolastica. Proprio da qui le pagine di Don Milani – recitate anche davanti al pubblico – consentono il viaggio tra i ricordi del protagonista in scena. Beppe Casales, interprete e autore del testo, fa conoscere al pubblico le fragilità di un personaggio che da bambino sognava di essere Rambo per sfuggire da tutti e difendersi da tutto. Rambo lo accompagna fino alle scuole superiori, quando la scelta dell’IPSIA viene vissuta come una condanna all’inferiorità e il mito di Rambo è sostituito da Kurt Cobain. Le canzoni dei Nirvana diventano l’inno del disagio di Gianni: per lui, la scuola è una trappola, un territorio nemico, un covo di egoisti dove chi è più debole viene abbandonato e lasciato affondare.
Con queste premesse Gianni, tornato a scuola da adulto in una nuova veste, in scena con grembiule blu e scopa in mano, non può che vedere nell’esperienza di Don Milani il progetto utopico di rivalsa dei deboli che avrebbe tanto sperato fosse realizzato quando era lui studente. «Cara professoressa» – dice senza rivelare mai chi sia la donna cui si rivolge – «questa scuola è una rivoluzione». E così comincia ad appassionarsi sempre di più alla realtà di Barbiana e a desiderare che trovi spazio anche nel presente. Per fare ciò, vuole convincere la sua interlocutrice, e con lei la platea, della verità delle proprie parole: elenca dati e statistiche sulla scuola di oggi, in un’arringa senza pietà contro il disinteresse riservato a chi si sente o, meglio, viene additato come un outlier scolastico, senza possibilità di rivalsa. «Cara professoressa», ripete ancora Gianni, quasi come un intercalare costante della sua orazione, non si possono trascurare le esigenze della scuola e dei suoi studenti: bisognerebbe ispirarsi all’esempio finlandese, bisognerebbe formare il personale di sostegno, bisognerebbe coltivare i talenti degli alunni, bisognerebbe lasciar loro libero il tempo a casa. Bisognerebbe agire.
Nella piccola e accogliente Biblioteca di Baggio, per la prima volta location del FringeMi, le preoccupazioni e i desideri dell’uomo, inanellati uno dopo l’altro, risuonano forti tra le fila di libri. La forza di Casales mostra come chi è appassionato non possa sprecare neanche un’occasione per urlare la propria rabbia verso ciò che ama ma vede costantemente degradarsi; per cui, in fondo, una via per risollevarsi c’è ed è fatta di coraggio, fiducia e responsabilità. Basta raccontarla e seguirla.
Cecilia Burattin, Giacomo Fausti
in copertina: foto di Alessia Ballabio
CARA PROFESSORESSA
di e con Beppe Casales
suoni di Matteo Sintucci
voce fuori campo di Matteo Alfonso
Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2023