Per immaginare il futuro del teatro a Milano, da oggi si può guardare al Progetto TTT. Tre teatri di territorio, che coinvolge l’ATIR Teatro Ringhiera, il Teatro Officina e il Teatro della Cooperativa. Periferie, innovazione, ricerca, territorio, condivisione, lavoro instancabile perché il teatro torni ad avere quella funzione primaria che è la presenza “civica” sul territorio. Sono i temi fondanti della start up, presentata a Milano negli scorsi giorni. In un tavolo di confronto fra diverse esperienze di teatro sul territorio, realizzate nelle aree periferiche di Milano, Roma e Napoli, sono stati evidenziati i punti salienti del progetto. Eccoli.

L’apertura dell’incontro è affidata ai direttori artistici dei tre teatri milanesi coinvolti. Serena Sinigaglia (ATIR) parla del progetto come dell’inizio di un percorso, nato dall’esigenza quotidiana di creare nuovi rapporti e di reinvertarsi gran parte dell’organizzazione economica in campo culturale. «Il teatro vive oggi un serio problema di sostentamento economico» spiega la direttrice artistica del Teatro Ringhiera, «mentre la distribuzione dei fondi da parte del Ministero privilegia il criterio della “storicità” rispetto a quello del merito». C’è un punto della riflessione di Serena Sinigaglia che ci riguarda tutti da vicino: l’Italia è un Paese in cui le relazioni e le conoscenze “storiche” contano (chi di noi non ne ha fatto esperienza almeno una volta?), ma quando si tratta di distribuire risorse economiche le relazioni assumono un peso eccessivo e determinante, in campo artistico così come in altri contesti culturali quali l’università o la ricerca. Unire le esperienze artistiche e sociali di tre teatri, dunque, risponde anche all’esigenza pratica di presentarsi insieme, e quindi con una forza maggiore, di fronte alle istituzioni.
Renato Sarti (Teatro della Cooperativa) e Massimo de Vita (Teatro Officina) continuano il discorso iniziato da Serena Sinigaglia sottolineando i benefici che la presenza di un teatro apporta ad un territorio in termini di sicurezza e di ripresa economica e l’esigenza di non chiudere gli occhi di fronte alle umanità che incontriamo, in un’ottica di inclusione sociale e di comprensione reciproca.

La presenza al tavolo di lavoro di Antonio Calbi, direttore del settore Spettacolo del Comune di Milano, ci consente di aprire una finestra sul sistema delle convenzioni dei teatri milanesi: Calbi sottolinea come il criterio di assegnazione dei fondi sia oggi più meritocratico che storico, nonostante la resistenza dei teatri già convenzionati. Gettando lo sguardo oltre Milano si incontrano altre realtà teatrali che operano proficuamente nelle cosiddette periferie: l’esperienza dei Teatri di Cintura e della Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea di Roma e quella di Arrevuoto-Associazione di Teatro e Pedagogia di Scampia (Napoli).

È Emanuela Giordano, direttrice del sistema Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea, a raccontare la nascita e lo sviluppo di un progetto che ha portato alla creazione di un sistema composto da sei teatri dell’area romana tra i quali il Teatro Biblioteca di Quarticciolo, il Teatro di Tor Bella Monaca e quello del Lido di Ostia, tre aree periferiche che hanno ritrovato centralità grazie alla presenza stessa del teatro, fonte di osmosi culturale e sociale. Il sistema della Casa dei Teatri si basa su un’idea di teatri in rete, un sistema che promuove laboratori, mostre, proposte di danza e di drammaturgia, la cui qualità artistica viene garantita da un monitoraggio costante.

La vitalità della periferia napoletana ci viene invece raccontata da Emma Ferulano di Arrevuoto-Associazione di Teatro e Pedagogia, un progetto nato nel 2005 per volontà del Teatro Stabile di Napoli e ispirato al metodo della non-scuola del Teatro delle Albe di Ravenna adattato alla realtà napoletana. Arrevuotare in napoletano significa “rivoltare, ribaltare”, «più che una parola è un fatto», spiega Emma Ferulano. E a Scampia, dove Arrevuoto vive e opera, c’è molto da ribaltare: innanzitutto dare voce e possibilità espressiva alle generazioni più giovani, a quegli adolescenti inquieti e vitali che sono i primi destinatari di un progetto che unisce pedagogia e teatro, educazione e arte. Con il suo ultimo lavoro, intitolato Zingari, Arrevuoto ha inaugurato una collaborazione con il Sulukule Children Art Atelier di Istambul, l’augurio è che sia la prima di una lunga serie di collaborazioni internazionali.
Il tavolo di lavoro si conclude come si era aperto, restituendo la parola ai direttori artistici dei teatri che oggi danno vita al progetto TTT, che si propone di condividere le esperienze e le pratiche di teatro sociale portate avanti fino ad oggi dai tre teatri membri, scambiandosi conoscenze, tecniche di formazione e capacità di produrre spettacoli che nascano “dal basso” e ineriscano ai temi delle periferie. Terminato l’incontro, a tutti i presenti viene regalato un assaggio delle produzioni dei tre teatri del progetto TTT, che ne rivelano la genuina vocazione all’arte sociale: il Teatro Officina con il suo format sulla medicina narrativa, che raccoglie ed elabora le storie di chi ha provato l’esperienza dolorosa della malattia; il Teatro della Cooperativa che non smette di testimoniare, attraverso la parola teatrale, una Resistenza che oggi più che mai chiede di non essere dimenticata; e infine il Teatro Ringhiera, con i suoi laboratori che coinvolgono abili, diversamente abili e “over 60” e il lavoro sull’identità di genere portato avanti insieme alle Nina’s Drag Queens e alla Compagnia ATOPOS. Ed è proprio il Teatro Ringhiera che ci offre la migliore chiave di lettura possibile per apprezzare il valore di ogni progetto (TTT compreso): mentre la voce di Mattia Fabris fa rivivere il racconto di Jean Giono L’uomo che piantava gli alberi, nella mente di chi ascolta nasce l’idea che la foresta creata dalle mani sapienti di Elzéard Bouffier non sia diversa da ogni coraggiosa iniziativa che miri a creare una realtà che prima non c’era. Con costanza e generosità.

Alice Patrioli