Una stanza, due attori, tante storie e molte vite: Luca Zacchini, Francesco Rotelli, Giulia ZacchiniGli Omini – mettono in scena Trucioli al Lavoratorio di Firenze. Il meteo, l’Italia dal centro, al sud, al nord, un giro di schiaffi e poi sette trucioli (come le virtù, come i peccati, come i nani…) che portano progressivamente al caos: Jack la Botta, Gli Impavidi, La Spaurata, Il Mister, Solino, Il Poeta di Benevento, Max dall’Australia. Luca e Francesco regalano «frammenti raccolti in giro per l’Italia in anni e anni di indagini omine». Li hanno collezionati tutti, raccolti e custoditi, dando loro valore e dignità. 

L’ironia dei due Omini in scena ti fa credere che riderai tutto il tempo e invece poi arriva la Spaurata. E fa ridere, sì, fa ridere che sia Luca, con la sua barba e il suo sguardo, a raccontartela, eppure ti emozioni anche, ti intenerisci un po’ per quella signora, rannicchiata sulla sedia, con la paura dei tuoni. La risata si trasforma in un sorriso: davanti a te la Spaurata (chissà quale il suo vero nome) con la sua storia e le sue fragilità. Si ha perennemente la sensazione di conoscerli benissimo e allo stesso tempo di non poterli conoscere affatto, quei trucioli. Jack la Botta potrebbe essere l’uomo che hai incontrato al pub proprio ieri sera, gli Impavidi i vicini di casa di tua zia, la Spaurata la signora che vedi affacciata alla finestra nel palazzo di fronte, il Mister l’allenatore di calcio di tuo fratello, Solino tuo nonno, il Poeta di Benevento l’ex della tua amica, Max dall’Australia un compagno di classe che non vedi da anni. Eppure non puoi non percepire un senso di meraviglia e di rispetto per tutto quello che viene raccontato, perché senti che di fronte a te c’è della vita vera e che quel truciolo potresti benissimo essere tu. 

Poi un grande cartellone, con tanti altri trucioli: possiamo scegliere quale ascoltare, quale incontrare. In scena ci sono solo un tavolo e due sgabelli, ma bastano la voce, l’espressione, i gesti di Luca e Francesco per svelarti quei frammenti passeggeri di vita. Li hanno raccolti e adesso te li donano: c’è un senso di profonda attenzione e cura in tutto questo, totalmente priva di giudizio, solo vita che scorre e sommerge, così come la cascata di trucioli – una cascata di minuscole vite – che sfiora il volto dell’impiegato SITA, Fiat che vola sul suo deltaplano. 

Arriva una parola, scritta in bianco su un cartoncino nero: Fine. Pensi che lo spettacolo sia finito, che quei trucioli rimarranno lì, fermi sul pavimento del Lavoratorio; invece sollevi lo sguardo e ti rendi conto di tutti i trucioli che hai intorno, e dentro. Le vite degli altri sono trucioli che ti piombano addosso, alcuni ti rimangono attaccati alle ciglia, ai capelli, al maglione. Ne hai le mani impolverate, la testa piena, come ha detto il collega poeticissimo del meteo. Trucioli che osservano trucioli che mettono in scena trucioli: una stanza piena di trucioli, materiale residuo altamente infiammabile. 

Emma Vanni


foto di copertina: Duccio Burberi

TRUCIOLI
drammaturgia
Giulia Zacchini
con Francesco Rotelli e Luca Zacchini
produzione Teatro Metastasio Prato
in collaborazione con Gli Omini

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Officina Critica