La delicatezza del poco e del niente apre la stagione 2022-2023 del Lavoratorio di Firenze, in una serata di metà ottobre che ha più il sapore di un inizio estate fra le lucciole: come quelle che – Roberto Latini racconta – hanno benedetto la passeggiata con Mariangela Gualtieri il giorno in cui «fu ammesso a queste poesie». Fu lei a scegliere il titolo, fu lui a selezionare le sue «più belle confidenze»: Voci tempestate, Sermone ai cuccioli della mia specie, So dare ferite perfette
Non sembra affatto di assistere ad una selezione di poesie, però: La delicatezza appare come una sola poesia distillata, divisa dai respiri di un Latini al servizio della parola. È Gianluca Misiti, suo compagno di scena da sempre, che propone una partitura dolce fatta di archi e fruscii e pianoforte, come se ti chiedesse di ascoltare una cosa nuova, semplice, piccola, che ha composto l’altra notte. È Max Mugnai, la cui luce – come dice lui – è «un mix di matematica e poesia», come la poesia è un mix di luce e matematica: un sillogismo ad anello che restituisce poesia.

Ma abbiamo davvero visto Roberto, lì dietro al suo leggio e i suoi microfoni, coi piedi scalzi sulla giacca bianca abbandonata a terra? O abbiamo visto un Keith Richards della parola, piegato sul suo strumento, le mani che sanno dove scivolare per allentare e stringere… per accordare? Oppure siamo stati ammessi al confessionale di un uomo-candela, con una voce fatta di sibili dolci e distorta da un’eco artificiale, appeso a un candelabro storto per non sciogliersi troppo in fretta? Abbiamo spiato un malato terminale aggrappato al microfono come fosse sua flebo, disperatamente alla ricerca del pulsante che gli darà il sollievo dei farmaci?

Andrea Macaluso ci accoglie nel suo Lavoratorio: una stanza intima come si conviene. Ci fa accomodare sulle sedie con una parete di pietra nuda alle spalle, allo stesso livello se non poco più in alto di Latini, che attende in disparte che tutto il pubblico trovi posto, prima di avanzare, togliere la giacca, stenderla a terra a una spanna dal leggio e camminarci sopra. La scena spoglia, volutamente circondata di tende scure, è un confine che impone all’occhio di sostare su Latini, di cogliere ogni movimento, ogni inclinazione del corpo, ogni espressione. E quando, proprio prima dell’ultima poesia, alza la testa e ricambia lo sguardo… è lì che ti rendi conto che è la prima volta, in tutti i sessanta minuti: si accorge di te, ti accoglie, ti dice di prendere aria insieme e poi giù di nuovo.
Delicatezza è un inno alla trasparenza: Latini biancovestito è trasparente, la musica di Misiti è trasparente, la luce di Mugnai è trasparente. E i tre, vecchi amici, ammettono lo spettatore alle loro riflessioni e gli indicano la strada per precipitare sempre più dentro di sé. Ed è così che anche lo spettatore diviene trasparente, attraversato dalla poesia.

Marco Bartolini


foto di copertina: Fabio Lovino

LA DELICATEZZA DEL POCO E DEL NIENTE
poesie di Mariangela Gualtieri
regia e interpretazione Roberto Latini
musica e suono Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
produzione Fortebraccio Teatro, Compagnia Lombardi-Tiezzi

Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Officina Critica