di H. Pinter
regia di Valerio Binasco
con Sara Bertelà, Orietta Notari, Nicola Pannelli
visto al Teatro Libero di Milano_ 16-28 settembre 2013
Dopo il successo di pubblico e critica riscosso al Teatro Franco Parenti, torna ad aprire la stagione 2013-2014 del Teatro Libero la commedia di Harold Pinter ispirata a Risvegli, raccolta testimoniale del medico Oliver Saks che documenta le esperienze dei suoi pazienti, affetti dalla terribile encephalitis letargica.
Una specie di Alaska è il regno in cui ha vissuto Deborah (Sarà Bertelà) per quasi trent’anni. Un giorno, all’improvviso, si risveglia in una camera d’ospedale. È convinta di andare alla festa del suo compleanno ma, invece dell’agognata festa, la attende il manifestarsi di una realtà drammatica e del tutto inaspettata: la piccola sorella Pauline è diventata, tutt’a un tratto, una donna prosperosa e segnata dall’inclemente scorrere del tempo, i suoi genitori sono morti e non vi è traccia di Jack, l’amato fidanzato d’infanzia.
Spoglia e crudamente minimalista è la scenografia scelta da Valerio Binasco per questo inquietante atto unico: un tavolo, qualche sedia, un letto di ferro battuto e una coperta sono gli unici oggetti chiamati a rappresentare il non luogo – metafora di un vero e proprio universo mentale – dove Deborah è costretta ad abitare. Nessuna barriera separa il pubblico dalla scena. Gli spettatori condividono il palcoscenico con gli attori e sono i ravvicinati testimoni dell’atroce risveglio di Deborah.
Sara Bertelà (da poco premiata da “Le Maschere del Teatro”) riesce, con straordinaria duttilità, a dare vita nello stesso tempo a un’adolescente spensierata e a una donna adulta, smarrita e spaventata, che non riesce ad accettare una realtà altra da quella fino allora vissuta e sperimentata. Il personaggio oscilla di continuo tra un ripiegamento intimistico nell’infanzia e una lucida presa di coscienza del mondo esterno e del tempo perduto. Ben riusciti e misurati anche i ruoli di Nicola Pannelli e di Orietta Notari (rispettivamente il medico curante e la sorella Pauline); ma nelle scene corali lo spettacolo pare talvolta perdere ritmo e vivacità.
Una specie di Alaska – un racconto a tratti ironico e leggero come un melò, a tratti freddo e duro come una relazione scientifica – ha il sapore di una tragicommedia. Pinter lascia non poche domande aperte: e se Deborah non fosse stata svegliata dalla sua stanza bianca piena di specchi? La sua esistenza sarebbe stata meno tragica? Lo spettacolo racconta una vita lunga ventinove anni che non vediamo, di cui non esiste alcuna traccia tangibile, eppure incredibilmente vera e reale. E allo spettatore ne resta tutta la forza viva e dolente.
Alessandra Cioccarelli