Silvia Baldo_ redattrice di A critic mess!
Francesca Penzo_ danzatrice e coreografa di Vanitas
Jaques-André Dupont_ danzatore di Vanitas e artista new media

SILVIA. Cosa vi ha portati sul tema della morte?

JAQUES-ANDRÉ. L’idea è partita da un dialogo tra me e Francesca. Volevamo lavorare insieme e, in quel momento, eravamo entrambi vicini al tema per via di letture ed esperienze personali. Alcuni miei amici di famiglia erano malati di cancro in quel periodo, e avevo l’impressione che stessero facendo di tutto per lottare contro la morte piuttosto che confrontarsi realmente con la possibilità di morire. Quando poi se ne sono andati, è stato terribile: nulla era stato preparato, né per loro stessi né per i loro cari. Allo stesso tempo i cambiamenti climatici e le catastrofi naturali mi hanno fatto riflettere sulla possibilità che tutto, un giorno, potrebbe finire, anche se noi non lo vogliamo vedere.

FRANCESCA. Il Bardo thodol, libro tibetano dei morti, è stato il nostro spunto drammaturgico per avvicinare anche un pubblico generico al tema della morte. Si tratta delle parole che vengono recitate all’orecchio del defunto durante i 40 giorni successivi alla morte per accompagnarlo nel suo viaggio, cercando di aiutarlo a non reincarnarsi, o a reincarnarsi “bene” facendosi strada verso un utero.

J. Quasi un tutorial. [ridono]

F. Jaques aveva già lavorato sul tema con il progetto Vanité, applicando la tecnica del micro-mapping su fiori secchi, attraverso il quale i fiori in qualche modo tornavano in vita. Abbiamo proprio lavorato su questo concetto estetico attraverso le proiezioni. Vogliamo rendere la morte esplicita, celebrativa, trattarla come parte della vita.

S. Ho avvertito nella performance una dimensione ciclica, quasi una metamorfosi che ritornava al punto di partenza, e le immagini create dal tuo corpo e da quello di Vilma Trevisan mi sono sembrate richiamare un’iconografia uterina.

F. Esatto, anche nella parte visual c’è questo rimando al mondo femminile, in grado di accompagnare l’inizio e la fine della vita.

S. Jacques, come ti sei rapportato a questo mondo femminile?

J. Benissimo, credo sia necessario rivalutare il potere femminile sul piano più profondo, non esclusivamente di parità sociale, ma in quell’aspetto archetipico legato alla generazione di cui la donna è capace. Mi sento totalmente incluso in questo lavoro: ho anche io una parte femminile e mi reputo femminista.

F. Qui Jacques ha ideato Ecate, l’intelligenza artificiale di cui si sente la voce, che descrive il processo biologico di rigenerazione, per cui il corpo morto si trasforma in un ambiente che può contenere nuova vita. Ecate è una figura che ci ha ispirati molto anche per la parte visiva: era chiamata “angelo fluorescente” della decomposizione. Ed è importante che la sua voce sia in qualche modo “digitale”.

J. Chissà, forse in futuro saremo accompagnati nella morte da un robot.

S. Quasi un’intuizione alla Black Mirror.

F. Infatti, ci dicono tutti che dobbiamo guardarlo. Per ora ci siamo ispirati al film Her di Spike Jonze.

S. Nella locandina dello spettacolo parlate delle pitture di vanitas seicentesche e del memento mori, è questo il vostro aggancio alla cultura occidentale?

J. Il nostro Vanitas è di per sé un memento mori. Il genere pittorico è stato il nostro punto di partenza per elaborare una nostra versione. La nostra cultura è dominata dal materialismo, ma è anche necessario avere la consapevolezza che un giorno moriremo. Ma non deve essere un evento lugubre, i colori indicano che questo evento può anche essere vissuto come una festa.

a cura di Silvia Baldo

Vanitas
concept di Francesca Penzo e Jacques-André Dupont
con Vilma Trevisan, Jacques-André Dupont, Francesca Penzo
visto il 13 novembre 2017_Teatro Franco Parenti in occasione di NEXT