In questo numero torniamo, ancora una volta, alle radici del teatro. Due studi indagano il testo aristofaneo sul nuovo e fecondo versante degli aspetti performativi. Nel primo saggio, Cristiana Caserta dedica un’analisi approfondita alla parodo delle Nuvole: le didascalie sceniche sono da prendere in considerazione per quello che descrivono o piuttosto per quello che non descrivono? Quanto contava l’agire scenico nel teatro antico? Lo studio di Camilla Lietti è invece dedicato all’apparizione del mostro proteiforme Empusa nelle Rane: in un contesto critico che ancora dibatte sull’effettiva presenza o meno del personaggio in scena, l’attenta analisi e contestualizzazione del passo puntella un’interpretazione estremamente seducente, per cui sarebbe un danzatore a inscenare le mille forme dell’Empusa su note ditirambiche.
E se la commedia antica è alle radici della nostra satira e del nostro modo di ridere, non peregrina appare l’idea di mapparne il lessico specifico dalle origini fino ai nostri giorni. Di questo si occupa un gruppo di ricerca tra Milano, Bologna, Pisa e Bari, che sta lavorando a un Lessico digitale della Commedia greca. Nelle prossime pagine troverete pubblicata, in anteprima, la prima voce del dizionario.
Si tratta del bomolochos, il buffone: un termine dalla fortuna particolarmente ambigua e tormentata. Chiude la sezione Studi un approfondimento dedicato al teatro antico sulle scene di oggi. Francesca Serrazanetti prende avvio dalle scenografie che Arnaldo Pomodoro ha progettato per il Teatro Greco di Siracusa lo scorso maggio, in occasione del centenario del ciclo di spettacoli classici dell’Istituto nazionale del dramma antico. Pomodoro è tornato a confrontarsi con il mito, l’architettura antica, il paesaggio siciliano e il pubblico contemporaneo, dando vita a un intervento scultoreo coerente con il proprio percorso artistico. Tra tradizione e innovazione.