#POSTCARDFROMPEOPLE

Fuori dalla sala di proiezione dei video di Veterans c’è chi è rimasto piacevolmente colpito. Ma non solo, come potremmo aspettarci, dallo spettacolo, bensì dall’incontro che l’ha preceduto, un vero e proprio confronto approfondito con l’arte di Lola Arias. Angela, intervistata da noi all’uscita del teatro, ci dice infatti che Zona K è il luogo più azzeccato per dare voce a realtà artistiche alternative e sperimentali, in occasioni di incontro e di scambio che vanno anche oltre il momento dello spettacolo. #neoromeo

Marcelo Vallejo, campione di triathlon. Dopo la disfatta del 14 giugno 1982, Marcelo Vallejo ha passato sedici anni della sua vita in uniforme con i veterani, combattendo la depressione a suon di alcol. Era stato alle Falkland per poco più di due mesi, abbastanza per avere impressi nella mente la pioggia, il gelo e il criminale pressapochismo. Nel 1999 in un viaggio a La Rioja con alcuni veterani prese dell’alcol e degli antidepressivi, per poi buttarsi in una cisterna senza saper nuotare. Parla con calma e consapevolezza, mentre si prepara per tuffarsi nella piscina dove si allena. «Quando mi tirarono fuori dall’acqua, pensai: “Dio mi ha gettato una corda”. Così avevo 40 anni e decisi di imparare a nuotare. Ho nuotato e ho nuotato fino a quando non mi sono venute le squame». #slavina

Alejandro, operatore culturale argentino, vive in Italia ormai da qualche decennio. Dalle sue parole trapela un’intensa commozione: l’installazione di Lola Arias racconta al pubblico milanese come le tremende ferite subite dai suoi compatrioti fatichino a rimarginarsi, perché l’assurda logica di una guerra “a tavolino” non prevede né vincitori né vinti. “Da spettatore rivivo i momenti della mia infanzia. Ho vissuto sulla mia pelle quella che più che una guerra è stata una battaglia, frutto della pazzia di un generale. Non c’è stata neanche una vera e propria dichiarazione, quindi tanto l’Argentina quanto il Regno Unito erano del tutto impreparati. Lo shock di questo conflitto è stato così violento da far sì che i reduci vivessero come in una realtà parallela anche per i decenni successivi. Ancora oggi non chiedono giustizia né risarcimento, ma solo di essere ricordati, perché pochi si rendono conto di cosa abbiano realmente vissuto. Credo sia molto importante mostrare un lavoro come Veterans in Italia perché il cinquanta per cento degli Argentini sono di discendenza italiana: siamo due popoli che si somigliano e hanno molto in comune. È bene dunque che gli italiani sappiano cosa è successo laggiù, per evitare di rivivere le stesse drammatiche esperienze che hanno toccato persone in cui scorre il loro stesso sangue.” #brux

#POSTCARDFROMCITY

Linee perpendicolari suddividono lo spazio in modo estremamente simmetrico; il perimetro della stanza raccoglie le testimonianze video, creando una specularità quadripartita sulle pareti laterali. Di fronte a ciascuna delle testimonianze, appena tre sedie. Ogni video accoglie un pubblico molto ristretto e ravvicinato, forse nell’intento di instaurare una relazione intima tra testimone e ascoltatore.
Un ampio rettangolo centrale viene lasciato vuoto e favorisce il movimento. Tuttavia, il vuoto è solo apparente: in quei pochi metri si intesse il rapporto tra il pubblico – che può prendere posto nelle sedie disposte secondo uno schema più o meno classico di “platea” – e il diario della vita di un veterano, proiettato in fondo alla sala a mo’ di cinema. Lo spazio che intercorre ospita lo sguardo dello spettatore verso le pagine del diario, le parole del protagonista che raggiungono chi è disposto ad ascoltare e, infine, si riempie delle reazioni che il racconto suscita nel pubblico stesso. Un bel traffico, in effetti, considerando in aggiunta gli attraversamenti trasversali degli altri spettatori che passano da un video all’altro. #swiffer_93

Osservando la scelta dello scenario in cui i quattro video vengono ambientati, arriva immediato allo spettatore il senso che ogni luogo porta con sé. Non è un caso infatti vedere il campione di triathlon Marcelo Valejo raccontare la propria storia a bordo piscina o tra un allenamento e la doccia; allo stesso modo l’ospedale psichiatrico ospita la testimonianza dello psicologo Placa Daniel Terzano. Negli stessi luoghi in cui riconosciamo il “presente” dei protagonisti, prende forma il passato terribile che accomuna i Veterans. Le Malvinas non hanno più soltanto una collocazione geografica; le Malvinas abitano i luoghi della vita quotidiana, le stanze dell’ospedale, i volti dei colleghi, riportando alla mente e al cuore di quelli che furono un tempo soldati, una guerra che non li lascerà mai. Le ferite di guerra rivivono, ieri come oggi, e il sangue si riversa nell’ampiezza del teatro in cui si esibisce il tenore Dario Volontè, o nella colonna sonora di Castelli di ghiaccio che Guillermo Dellepiane ascolta nostalgicamente. #swiffer_93

Nonostante la squadratura precisa delle linee, lo spazio si apre allo spettatore senza una traccia precisa. Nella stanza regna la libertà di movimento, e il pubblico è invitato a camminare posizionandosi a piacimento in uno o nell’altro punto, sempre che sia contemplato il rispetto minimo degli spettatori coabitanti. Appena messo piede nella sala, ognuno si accorge di essere chiamato personalmente a scegliere la direzione e, di conseguenza, l’ordine dei tasselli che compongono lo spettacolo. Siamo noi a poter decidere quale video vedere o addirittura non vedere, e per quanto tempo. Le cuffie stesse, appoggiate sulle sedie, si fanno trovare nella penombra con i loro colori luminosi e chiedono allo spettatore di essere raccolte. La libertà della scelta dell’ordine e del movimento appartiene forse all’idea stessa di installazione, la cui prospettiva esce dalla visione “istituzionale” dello spettacolo (come accade con le stanze in Nachclass dei Rimini Protokoll) con il risultato di ottenere dal pubblico una forma di partecipazione nuova, attiva e presente. #swiffer_93

#POSTCARDFROMSTAGE

Un uomo in camice si butta a terra, nel cortile dell’ospedale in cui fa lo psichiatra, per salvarsi da un’esplosione. Un tenore, in un teatro, si salva miracolosamente la vita dopo giorni di navigazione senza speranza, su una scialuppa piccolissima e contro un vento troppo violento per lasciare scampo, quello proveniente da un ventilatore. Un nuotatore professionista vede morire davanti a sè un compagno d’armi, sul bordo della piscina dove si allena tutti i giorni. Sulla scrivania di un professore in tenuta militare, si svolge un vero e proprio combattimento aereo di modellini. È vero tutto questo? Raccontato così, pare un teatro dell’inverosimile. Invece è una rappresentazione basata su fatti realmente accaduti. E non si tratta fatti qualunque, ma di morti, traumi e tragedie: è la guerra, quella della Falkland/Malvinas. Però non è una guerra filmata in presa diretta, ma mostrata tramite un mosaico di video recuperati dalla memoria delle persone coinvolte. Per i veterani di questa guerra, ricordare non è tanto costruire il passato com’era, ma interpretarlo oggi coi mezzi del presente e gli strascichi che il tempo ha scavato in loro. I combattenti argentini delle Malvinas, non essendo volontari, hanno combattuto per forza e, una volta finita la guerra, hanno dovuto continuare la loro vita, i loro studi, il loro mestiere. Per questo in “Veterans” sono proprio lavoratori e professionisti a dare forma al passato con il corpo del presente, collocandolo nei luoghi dove lavorano e producendo un effetto di grandissima commozione attraverso la semplicità dei mezzi impiegati. Quanto una ricreazione artistica della realtà è più potente di un racconto lineare e verosimile di quel che è successo? Per lo spettatore, “Veterans” ha il valore del più tremendo ricordo. #neoromeo

Un uomo in camice si butta a terra, nel cortile dell’ospedale in cui fa lo psichiatra, per salvarsi da un’esplosione. Un tenore, in un teatro, si salva miracolosamente la vita dopo giorni di navigazione senza speranza, su una scialuppa piccolissima e contro un vento troppo violento per lasciare scampo, quello proveniente da un ventilatore. Un nuotatore professionista vede morire davanti a sè un compagno d’armi, sul bordo della piscina dove si allena tutti i giorni. Sulla scrivania di un professore in tenuta militare, si svolge un vero e proprio combattimento aereo di modellini. È vero tutto questo? Raccontato così, pare un teatro dell’inverosimile. Invece è una rappresentazione basata su fatti realmente accaduti. E non si tratta fatti qualunque, ma di morti, traumi e tragedie: è la guerra, quella della Falkland/Malvinas. Però non è una guerra filmata in presa diretta, ma mostrata tramite un mosaico di video recuperati dalla memoria delle persone coinvolte. Per i veterani di questa guerra, ricordare non è tanto costruire il passato com’era, ma interpretarlo oggi coi mezzi del presente e gli strascichi che il tempo ha scavato in loro. I combattenti argentini delle Malvinas, non essendo volontari, hanno combattuto per forza e, una volta finita la guerra, hanno dovuto continuare la loro vita, i loro studi, il loro mestiere. Per questo in “Veterans” sono proprio lavoratori e professionisti a dare forma al passato con il corpo del presente, collocandolo nei luoghi dove lavorano e producendo un effetto di grandissima commozione attraverso la semplicità dei mezzi impiegati. Quanto una ricreazione artistica della realtà è più potente di un racconto lineare e verosimile di quel che è successo? Per lo spettatore, “Veterans” ha il valore del più tremendo ricordo. #neoromeo

Un uomo in camice si butta a terra, nel cortile dell’ospedale in cui fa lo psichiatra, per salvarsi da un’esplosione. Un tenore, in un teatro, si salva miracolosamente la vita dopo giorni di navigazione senza speranza, su una scialuppa piccolissima e contro un vento troppo violento per lasciare scampo, quello proveniente da un ventilatore. Un nuotatore professionista vede morire davanti a sè un compagno d’armi, sul bordo della piscina dove si allena tutti i giorni. Sulla scrivania di un professore in tenuta militare, si svolge un vero e proprio combattimento aereo di modellini. È vero tutto questo? Raccontato così, pare un teatro dell’inverosimile. Invece è una rappresentazione basata su fatti realmente accaduti. E non si tratta fatti qualunque, ma di morti, traumi e tragedie: è la guerra, quella della Falkland/Malvinas. Però non è una guerra filmata in presa diretta, ma mostrata tramite un mosaico di video recuperati dalla memoria delle persone coinvolte. Per i veterani di questa guerra, ricordare non è tanto costruire il passato com’era, ma interpretarlo oggi coi mezzi del presente e gli strascichi che il tempo ha scavato in loro. I combattenti argentini delle Malvinas, non essendo volontari, hanno combattuto per forza e, una volta finita la guerra, hanno dovuto continuare la loro vita, i loro studi, il loro mestiere. Per questo in “Veterans” sono proprio lavoratori e professionisti a dare forma al passato con il corpo del presente, collocandolo nei luoghi dove lavorano e producendo un effetto di grandissima commozione attraverso la semplicità dei mezzi impiegati. Quanto una ricreazione artistica della realtà è più potente di un racconto lineare e verosimile di quel che è successo? Per lo spettatore, “Veterans” ha il valore del più tremendo ricordo. #neoromeo