di Simone Derai e Patrizia Vercesi / Anagoor
regia Simone Derai
visto il 18 settembre 2016 al Teatro Astra di Vicenza
in replica il 25 novembre 2016 presso il Teatro Politeama Rossetti di Trieste

“L’educazione non è faccenda individuale ma, per sua natura, è cosa della comunità. Non vi è un altro caso in cui l’influenza della comunità sui suoi membri si faccia valere maggiormente”. Così si legge nelle prime pagine di Paideia, il cruciale libro pubblicato nel 1933 da Werner Jeager sulla formazione dell’uomo greco: il primo capitolo, significativamente, è titolato “Il posto dei greci nella storia dell’educazione dell’umanità” a rimarcare la rilevanza dell’eredità antica nella nostra idea di formazione.

Non stupisce, dunque, che proprio ai Greci si sia rivolta la compagnia Anagoor nel riflettere sulla questione educativa oggi: Socrate il Sopravvissuto (debutto al Festival delle Colline Torinesi nell’estate 2016) prende le mosse dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati ma attraversa, con la profondità e l’apertura di orizzonti culturali a cui il gruppo ci ha ormai abituato, ampi brani dei testi di Platone e si confronta senza paura con lo stratificato immaginario socratico. Una tragedia fittizia collocata nei primi anni Duemila – uno studente che trucida l’intera commissione di maturità lasciando vivo il solo docente di filosofia – si sovrappone, in un gioco di specchi, a frammenti dell’insegnamento di Socrate: le ultime parole del maestro raccolte nel Fedone si alternano agli insegnamenti dialogici scambiati con Alcibiade, uno tra gli allievi più amati e inquieti (nell’Alcibiade Primo).

Il folle gesto del giovane Vitaliano Caccia – il nome dello studente omicida resta quello scelto da Scurati – viene indagato nel qui ed ora della rappresentazione teatrale: un’aula rarefatta e già satura di morte si monta e si smonta davanti agli occhi degli spettatori, immersi nelle angosciose sonorità di Mauro Martinuz. Al contrario, gli episodi legati all’insegnamento di Socrate sono delegate all’altrove di un video, girato a sua volta all’interno di un’aula: significativamente, la voce del professore di filosofia coincide con quella di Socrate (un inquieto e mai accomodante Marco Menegoni). Non era una sfida semplice quella di dare un volto alla più grande personalità di educatore della cultura occidentale; ma le splendide maschere pensate da Silvia Bragagnolo e Simone Derai evocano il volto beffardo ma composto di Socrate-Sileno, e restituiscono l’immagine di una classicità solenne ma non granitica. I due piani temporali e semantici interferiscono e si sovrappongono, stornando il rischio di una narrazione della strage lineare e dunque riduttiva, e aprendo alcuni interrogativi cruciali sulla funzione e il ruolo dei processi educativi nella società di oggi.

Il tema, del resto, era al centro degli interessi della compagnia veneta da tempo: basti pensare, tra i molti altri possibili esempi, alla rilevanza della figura del professore (interpretato da Marco Cavalcoli) in Virgilio Brucia, guida per lo spettatore nell’indagine delle tensioni sociali in età augustea. Da un lato, dunque, ci si interroga sul profilo del docente, sulle modalità adottate nel passaggio dei saperi e soprattutto sul ruolo più o meno centrale che siamo disposti a concedere a chi si occupa di educazione: a chi deleghiamo, oggi, la formazione dei cittadini di domani? E quale posto occupa, nella nostra considerazione, chi si occupa della trasmissione della conoscenza? Dall’altro lato, Socrate il Sopravvissuto indaga senza sconti il tema della responsabilità, analizzando da vicino la possibilità che l’insegnamento venga frainteso e snaturato, fino al punto di rivoltarsi contro chi l’ha veicolato. Diventa fondamentale, in questa prospettiva, la scelta di dare spazio alla figura di Socrate: un maestro che affida la sua eredità solo alla parola viva, e che approda alla tradizione occidentale filtrato (e dunque necessariamente alterato o frainteso) da un suo allievo.

Anagoor ci presenta dunque una casistica speculare: da un lato un allievo privato della sua guida, costretto a prendersi la responsabilità della conservazione di quell’insegnamento; dall’altro lato un professore privato del suo allievo, chiamato a fare i conti con gli effetti distorti del proprio magistero. Non esiste educazione senza assunzione profonda, e biunivoca, di responsabilità, ci ricorda Anagoor, consegnandoci uno spettacolo coraggioso, intimamente politico e di difficile digestione. Ulteriore testimonianza del percorso rigoroso e senza sconti che la compagnia sta compiendo da diversi anni, lo spettacolo conferma Simone Derai come uno dei più fini produttori di pensiero della giovane scena italiana.

Maddalena Giovannelli