Illecite visioni è, per Milano, felice esempio di come un progetto collettivo possa emergere conquistando sul campo l’attenzione e il sostegno delle istituzioni. Il festival dedicato al teatro omosessuale – promosso e organizzato con la collaborazione del Teatro Filodrammatici e diretto da Mario Cervio Gualersi – è giunto ormai alla sua quarta edizione (dal 28 settembre al 4 ottobre). Le serate teatrali sono passate da quattro a cinque, con un focus di due giorni dedicato a Vucciria Teatro, e si sono arricchite di eventi collaterali come djset, letture, film e una mostra.
Illecite visioni si conferma anche quest’anno laboratorio di sperimentazione e di nuove idee. Fa parte del gioco, dunque, imbattersi in prove ancora acerbe, fin troppo dense di contenuto. È il caso di Assolutamente Deliziose di Claire Dowie, per la regia di Emiliano Russo (con Flaminia Cuzzoli e Ottavia Orticello). Due cugine si reincontrano in occasione di una ricorrenza e ripercorrono insieme le scelte fatte, i fallimenti e i successi: donne agli antipodi che scoprono di essere l’una gelosa dell’esistenza dell’altra. Al centro della drammaturgia, le relazioni omo ed etero, i legami tra sorelle, il difficile rapporto con le madri, le etichette sociali e mentali: ma l’eccessiva concentrazione di temi non riesce a trovare adeguato spazio di sviluppo, e ci si ferma così a una trattazione cursoria e superficiale.
Due serate sono state dedicate a Vucciria Teatro, giovane compagnia fondata nel 2013 da Joele Nastasi ed Enrico Sortino, che opera tra Roma e la Sicilia e per la prima volta a Milano. Hanno presentato Io, mai niente con nessuno avevo fatto, intenso spaccato di una Sicilia anni ’80, vista con gli occhi di un giovane innamorato ignaro del mondo e della vita. Giovanni (“Giovannella” per il paese) si lascia andare per la prima volta ai sentimenti – e gli costerà caro – all’arrivo del maestro di ballo Giuseppe, scappato dal suo paese e da un abuso familiare. E se la prima prova di Vucciria Teatro (un debutto del 2013) presenta ancora qualche ingenuità e una certa propensione al cliché, il secondo spettacolo, Battuage, si mostra una tappa più matura nel percorso della compagnia (anche grazie al significativo apporto attorale di Simone Leonardi). Salvatore, ventenne siciliano, racconta il mondo della prostituzione su strada, tra domanda e offerta. Il lavoro, definito dal drammaturgo Joele Anastasi un “magma”, è un coraggioso tentativo di andare oltre la connotazione territoriale alla ricerca di uno scarto. Il percorso è ancora in fieri, ma varrà la pena tenere gli occhi aperti sulle prossime tappe di Vucciria, promettente realtà in crescita.
Il focus della quarta serata è stato, per la prima volta nella storia di Illecite visioni, la transessualità. Al centro, la storia vera di Romina Cecconi (nata Romano), tra le prime in Italia ad aver cambiato sesso. Con ironia e trasporto, Anna Meacci – interprete perfetta per una vicenda così intima – mette in scena Romanina, tratto dal testo-autobiografia della Cecconi “Io la Romanina”, del 1974. Chiude il festival lo spettacolo forse più riuscito e sorprendente del cartellone, per efficacia drammaturgica e leggerezza di interpretazione: La morte della bellezza firmato da Benedetto Sicca, accompagnato sul palco da Mauro Lamantia. Il regista campano ha riadattato il romanzo di Giuseppe Patroni Griffi estrapolando la storia d’amore tra Eugenio e Lilandt, fatta di silenzi, attese, rincorse e addii. Una relazione profonda, che non ha bisogno di etichette, libera da definizioni ghettizzanti: come ci auguriamo possano diventare le lecite visioni del festival, appuntamento ormai irrinunciabile della scena meneghina.
Giulia Alonzo