Corpi raggomitolati in posizione fetale, il rumore dell’acqua e il canto dei gabbiani, gli ormeggi di una nave disposti sula scena: così inizia Volver, lo spettacolo di Giuseppe Provinzano nato all’interno di un progetto promosso dall’associazione Amunì. Dal 2010 Amunì si occupa di iniziative di tipo culturale, rivolte soprattutto a soggetti con minori opportunità, e in questa occasione ha fatto sì che fossero ragazzi migranti di origine extraeuropea, richiedenti asilo o italiani di seconda generazione, a mettere in scena una storia di emigrazione tutta italiana.
Sul palco risplende una cornice ornata da lampadine da cabaret, all’interno della quale gli attori si dispongono in posa, come in un ritratto di famiglia. Protagonisti della storia sono Nico e Rosetta, giovani fratelli siciliani che, in seguito al terribile terremoto che colpì Messina nel 1908, decidono di lasciare il paese in cerca di fortuna in Argentina, insieme a gran parte della loro comunità. La madre e i nonni rimangono in patria, aggiornati via lettera sugli sviluppi del viaggio, sulla ricerca di un lavoro per sopravvivere, su tutto quello che succede oltreoceano. A realizzarsi è così una sovrapposizione storica lampante, eppure sempre implicita, fra gli avvenimenti in scena e le storie di immigrazione e integrazione che gli attori hanno vissuto sulla propria pelle, senza mai diventare, tuttavia, materiale drammaturgico. Lo spagnolo, l’italiano e il siciliano si mescolano in un colorito pastiche, ulteriormente arricchito dalle inflessioni straniere con cui gli attori pronunciano le battute e dalle canzoni intonate in coro. Sulle note della melodia tradizionale siciliana Siminzina, lo spettacolo si rivela il lamento straziante e universale di chiunque sia costretto a recidere le proprie radici per contrastare le calamità della vita, siano queste un terremoto, la fame o la guerra. Viaggi, incertezze, speranze e ritorni: in un’atmosfera da favola popolare, che ricorda Quasi una vita di Roberto Bacci, le storie si intrecciano a ritmo di tango.
«Lo sai ballare il tango?»: ecco il modo di sopravvivere in Argentina, il bagaglio che i siciliani riportano in Italia quando decidono di tornare in patria, e anche il mezzo per raccontare questa storia. Provinzano, regista e autore della drammaturgia, venne a conoscenza della vicenda quasi per caso, incuriosito dagli abitanti di un borgo siciliani, incontrati per caso mentre erano intenti a ballare su ritmi sudamericani. In Volver le tradizioni si mescolano e si fondono, arricchiscono le identità invece di imprigionarle. La cornice di lampadine rappresenta così la porta di passaggio fra due mondi: le fantomatiche colonne d’Ercole che Nico e Rosetta decidono di superare per mare, il sogno scintillante di una nuova vita in Sud America e il ricordo sfavillante di casa. Oltre la corona di luci c’è sempre la speranza di una vita migliore, non importa dove. È un confine, questo, che può essere attraversato in entrambe le direzioni, e che materializza davanti agli occhi dello spettatore sia la fluidità del concetto di “casa” che la persistenza dei legami con la patria, ben al di là di qualsiasi lontananza. Da una parte e dall’altra dell’oceano, si balla sempre lo stesso tango.
Chiara Carbone e Giulia Carrara
VOLVER
scritto e diretto da Giuseppe Provinzano
con Bandiougou Diawara, Alexsia Edman, Hajar Lahman, Gian Matteo Marie, Junaky Md Abdur, Ibrahim Ba, Andrea Sapienza
laboratorio permanente Amunì Marta Bevilacqua, Rossella Guarneri, Yousif Jaralla, Giuseppe Provinzano, Luigi Rausa
produzione Babel Crew
con il sostegno di Spazio Franco
vincitore MigrArti 2018, vincitore Premio alle arti sceniche Dante Cappelletti XI edizione
visto al Piccolo Teatro Grassi in occasione di Tramedautore
Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico Trame d’inchiostro