di Balletto di Roma
coreografia Paolo Mangiola (in collaborazione con i danzatori)
visto all’Elfo Puccini di Milano _ 30 settembre 2014
nell’ambito del Festival MilanOltre

Il Balletto di Roma, realtà attiva da più di cinquant’anni e in continua evoluzione, presenta nel cartellone di MilanOltre sei titoli firmati da altrettanti nomi noti del panorama italiano: Paolo Mangiola, Giorgio Mancini, Mauro Astolfi, Gianluca Schiavoni, Michele Pogliani e Milena Zullo.
Mangiola, in We/Part, indaga le forme della relazione con l’altro: attraverso l’interazione profonda con un ‘noi’ – sembra suggerire la performance – possiamo ottenere risposte su ciò che siamo. Il coreografo, che ha iniziato il suo percorso all’interno di Aterballetto, conduce la sua ricerca attraverso una sapiente commistione di stili.

Nella prima parte della creazione, che si articola in una serie di composizioni in coppie, in sei e in assolo, è possibile riconoscere l’armonioso linguaggio del balletto classico. Le note di pianoforte di Ryan Teague accompagnano i ballerini nei loro movimenti fluidi, eseguiti con straordinaria leggerezza. Ogni corpo è pronto all’incontro, ad accogliere l’altro, a scambiare una parte di sé per un istante: i movimenti si susseguono come in un flusso di parole lievi. Le luci tenui e avvolgenti di Fabiana Piccioli rendono l’atmosfera sospesa e ipnotica, mentre una voce off ricorda in inglese che “there’s no stability, nothing is solid”: essenza stessa dell’incontro con l’altro.

Dopo un cambio di scena la seconda parte si apre con una decisa variazione: accelerazione del ritmo, suoni prodotti da sintetizzatori e vestiti vintage che si avvicinano all’estetica del film Moonrise Kingdom. I movimenti ricordano la qualità della contact improvisation, cambio di peso nella dinamica, ascolto fisico tra due o più corpi in contatto.
“Siamo a Milano. Questo è il palcoscenico, noi siamo i ballerini e voi siete il pubblico. We touch, we play, we laugh, we see”, ripete una danzatrice: il pubblico è entrato a far parte del gioco di scambio e di relazione, viene chiamato a interrogarsi sull’essenza stessa della danza e sulle sue possibilità.
Mentre i fari sul palco si abbassano, la luce illumina gli spettatori. In uno spiazzante gioco di specchi, ora è la platea il centro della scena.

Evangelia Kopidou

 

Questo contenuto fa parte del laboratorio critico di Stratagemmi, in occasione di MilanOltre.