In un futuro post apocalittico in cui tutte le certezze sono andate distrutte, tre figure vagano smarrite in uno spazio fatto di luci intermittenti, suoni non ben identificati e parole appena riconoscibili. In questo nuovo mondo ognuno combatte la propria battaglia e il corpo, fulcro dello scontro, è frammentato, fatto a pezzi. Ogni estremità ha vita propria, trema, si contorce, si distende, cerca con tutte le sue forze di assumere una forma che però non coinvolge mai la totalità della figura. L’insieme è andato perso. La musica è assordante, le luci che in continuazione cambiano confondono l’ambiente, la confusione è tanta e i movimenti dei protagonisti seppur uguali non riescono a creare un’idea di insieme coeso, organico. Tutto sfugge e nessuno capisce. Chi sono? Dove mi colloco? Femminile, maschile? Cosa mi definisce?

Arriva il silenzio. L’atmosfera si raccoglie, questa lunga pausa ci permette di riconoscere due uomini ed una donna in scena. Finalmente riusciamo a mettere a fuoco un’immagine chiara. E se da fuori si riesce a capire cosa succede in questo futuro distopico, anche da dentro i danzatori si riconoscono. Con lentezza un nuovo microcosmo inizia a formarsi, fatto di condivisione e aiuto reciproco. Ora i danzatori sono sempre legati tra di loro e i corpi scivolano, si incastrano e saltano gli uni su gli altri. C’è armonia e consapevolezza, ogni movimento si collega a quello successivo, ognuno porta nel gruppo le sue caratteristiche senza sovrastare o soccombere. Ritorna la musica, ritornano i suoni, anche le luci fanno qualche apparizione ma il senso di confusione e smarrimento è ormai passato. Ognuno si è riconosciuto senza il bisogno di sottostare a dogmi imposti, bensì ritrovandosi nel confronto con l’altro, con il diverso. Ed è forse questa la speranza che ci lascia la visione di Whoman? La consapevolezza di potersi definire andando al di là dei generi e delle costruzioni sociali. La liberà di poter scegliere chi essere ma anche e soprattutto di compiere il percorso che ci porterà alla scelta.

Milena Borgonovo

(ph: Sara Meliti)


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview