Coordinate: «Cerco un centro di gravità permanente», Franco Battiato

«Hai presente quel gioco in cui ti chiedi: dove ti vedi tra cinque anni? Io rispondevo sempre: mi vedo in una sala prove», ci dice la presidente Eleonora Paris. Così, il 16 gennaio 2023, «sotto il segno del Capricorno», nasce ZIA: localizzata nella periferia sud di Milano, nel quartiere operaio di Stadera e precisamente nella via che porta il nome dello storico Francesco De Sanctis, ZIA è l’acronimo di Zona Indipendente Artistica. A differenza di quanto accade nelle nostre vite, però, il suo luogo di nascita se l’è scelto per diversi motivi: perché in quelle strade ancora si respira un’atmosfera da paese, complici le piccole attività commerciali e le botteghe artigiane; perché Stadera non è stato toccato dalla gentrificazione selvaggia di altre zone della città; perché mantiene un volto più reale, non assimilabile alla narrazione della Milano del lusso e della finanza; infine per il peculiare legame che il quartiere ha con l’ambiente naturale, grazie alla prossimità ai due parchi agricoli della Vettabbia e del Ticinello. «È una delle poche volte che un centro scommesse chiude e apre un’attività culturale» ci racconta Paris elencando una serie di oggetti trovati all’interno del locale: «Una moto smontata, tavolini in feltro, strutture in ferro un tempo utilizzate dagli scommettitori, e che noi abbiamo riutilizzato come porte». A Milano la trasformazione dei luoghi avviene a una velocità sconcertante ma è raro che uno spazio commerciale chiuda per lasciare il posto alla cultura  e dare vita a un «luogo fertile di accoglienza, privo di un’identità granitica: uno spazio prima di tutto che permetta di connettere tra loro le individualità». ZIA è così diventato un incubatore, l’ospite di individualità che non hanno casa, nel tentativo di inserirsi in un panorama teatrale che ha i ritmi rapidi di un sistema produttivo votato alla pura monetizzazione. 

Witch Is, Landi/Mignemi/Paris

Biografie: «I’m a passenger / and I ride and I ride», Iggy Pop

Il collettivo ZIA è oggi composto da cinque artiste e artisti, il cui nucleo originario (Eleonora Paris autrice e attrice, Francesca Mignemi drammaturga e Virginia Landi regista) nasce all’interno della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi. Milano impone alle studentesse fuori sede la necessità di un appartamento da condividere, ma anche l’occasione di dare vita tanto a un’amicizia quanto a un percorso artistico. Le tre, infatti, che costituiscono il direttivo completamente al femminile e under 35 dell’associazione, fondano nel 2018 la compagnia Landi/Mignemi/Paris e debuttano con Due volte Tito. La creazione che debutta una prima volta nel 2021 al Teatro Litta, all’interno del Festival Hors, e poi al Teatro i nel 2022 – posiziona immediatamente il gruppo in una linea di teatro civile e critico verso la società contemporanea, indagando l’esistenza e la trasmissione di paradigmi di potere, di genitorialità, di autorevolezza basati sulla violenza. Sulla stessa scia nascerà nel 2023 anche Witch is, spettacolo che prende a studio la figura della strega per analizzare la criminalizzazione del corpo e della sessualità femminile nella storia, presentato prima al Teatro Goldoni di Firenze e poi proprio negli spazi di ZIA. A condividere il loro percorso artistico e completare la formazione di ZIA, sono Alessandro Balestrieri, attore e operatore culturale attento nella sua ricerca artistica soprattutto al rapporto tra arte e mercificazione, corpo e lavoro; e Irene Serini, attrice diplomata al Piccolo Teatro di Milano, i cui lavori Moana Porno-Revolution e i cinque studi Abracadabra – incantesimi di Mario Mieli pongono a tema la sessualità, il rapporto con il modello femminile e l’identità di genere.
Cinque percorsi artistici, dunque, che fanno di questa neonata realtà un centro di gravità attorno a cui convogliare energie: per provare a distruggere stereotipi, schemi, convenzioni, ma anche a ricostruire nuove forme di proposta teatrale e di socialità.

Il collettivo ZIA

Idee: «Please, let me get what I want», The Smiths

Ecco che le parole di Battiato, di Iggy Pop e degli Smiths sembrano, alle creatrici di ZIA, offrire una serie di suggestioni, di riverberi in grado di restituire quella poliedricità delle arti e degli approcci che contraddistingue i loro percorsi e lo spazio che hanno fondato. ZIA è una sala prove, e una fucina per workshop: organizza attività rivolte al quartiere, concerti, spettacoli teatrali. Per ZIA il teatro è un luogo di accoglienza, ricerca e confronto costante, o, nelle parole di Eleonora, «un luogo dove si può guardare il margine prima che diventi centro»; aggiunge Francesca che «il teatro è reale ed esiste solo nella relazione tra la platea e il palco». ZIA crea momenti di incontro tra compagnie indipendenti che si ritrovano nella sala, in cerchio, per confrontarsi su metodi di produzione e creazione, per discutere di poetiche ed economie, per conoscersi, creando quindi una trama sotterranea di connessioni e collaborazioni. Nelle cinque identità diverse che ZIA racchiude è d’altro canto possibile rintracciare chiare affinità artistiche: la ricerca programmatica di un contatto con il territorio e la comunità che lo abita; l’idea di teatro come rito, come evento partecipato indissolubile dalla presenza dell’altro. A emergere è una comune visione del mondo: uno sguardo che vuole recuperare il punto di vista mancante nella storia ufficiale, dunque quello di chi è stato marginalizzato, rimosso, silenziato. Nel fare questo, il teatro che le artiste e gli artisti di ZIA portano avanti non rifugge dal contatto con una ferita, più o meno consapevole, spingendoci a indagare le contraddizioni del presente, e a mettere in dubbio alcune certezze culturali. Nucleo delle proposte sarà così il rapporto con la sessualità e quello con il lavoro; il punto di vista dei figli, silenziosi spettatori della tragedia in un mondo dominato dai padri; quello della donna, costretta ad avere un rapporto conflittuale con la sua carne perché storicamente mediato dallo sguardo patriarcale.

Il collettivo ZIA

Come ogni buona storia, anche quella di ZIA ha un sogno ambizioso: creare uno spazio dove ognuno possa provare, realizzare, inventare i propri spettacoli. Essere presidio culturale, attraverso un’offerta artistica che difende tenacemente la propria idea e non si piega ai cliché dell’intrattenimento, ma al contrario vuole essere una «casa artistica per teatranti e allo stesso tempo un luogo catalizzatore per la cittadinanza del quartiere». I desideri per il futuro sono molteplici, ma soprattutto c’è quello di connettersi con altre realtà, discostarsi da un teatro più tradizionale e dare spazio e tempo alla ricerca attraverso residenze artistiche. E infine un sogno comune, che quasi pronunciano in coro: «sarebbe bello che ZIA diventasse un punto di riferimento per il quartiere e per Milano, un luogo di cultura che non abbassi mai la sua saracinesca». 

Federico Demitry, Francesca Rigato


in copertina: foto ufficio stampa