Si può dare corpo a un innamoramento artistico? In che modo è possibile restituire il senso di un’intera filmografia in scena? Come rendere i nodi centrali di una poetica attraverso una sintetizzazione teatrale? Architetture cerca di dare una risposta a queste domande attraverso un lavoro di scrittura a sei mani, quelle di Chiara Businaro, Lorenzo Fochesato e Maria Chiara Arrighini: un omaggio alla regista francese Céline Sciamma nato dall’intreccio della sua poetica con alcuni spunti autobiografici dei tre autori.
Architetture si struttura in cinque atti pensati per estrapolare da ogni film di Sciamma un frammento significativo, in un’operazione di sfrondamento della trama per far emergere alcune questioni centrali per la regista, come l’autodeterminazione, la libertà d’essere e amare, la leggerezza come contrappeso ai problemi che affossano e la ribellione contro oppressione e violenza, in un processo di sintesi organizzato per successione di immagini. Ogni atto racchiude ciascun film in un’immagine icastica: il nuoto sincronizzato; la descrizione delle regole del gioco “Rubabandiera”; una danza frenetica e liberatoria accompagnata da un canto che chiede leggerezza; l’animo di una donna che divampa nei confronti di un sistema colpevole e omertoso verso le sue vittime; un dialogo fra mamma e figlia che trascende il tempo, un salto nell’infanzia che riunisce la bambina alla sua petite maman. I titoli dei film appaiono proiettati sullo sfondo e scandiscono il susseguirsi delle scene, a far da contesto solo qualche informazione didascalica (dati anagrafici, tratti somatici e l’attività prediletta del soggetto in scena).
Lo spettacolo si apre in medias res con Naissance des pieuvres: Maria Chiara Arrighini, sola in scena, si muove in uno spazio indefinito, capace di accogliere una molteplicità di luoghi e ambientazioni. Interpreta Floriane, 15 anni, ed esegue una sequenza preparatoria di nuoto sincronizzato. La sua postura è fiera, i movimenti sono fluidi, i passaggi celeri e precisi; gli occhi seguono la traiettoria senza mai distogliere lo sguardo. Ogni azione viene minuziosamente descritta con parole che anticipano i movimenti. La serie viene ripetuta più volte, fino a giungere al momento dell’esibizione pubblica.
Nel secondo quadro, legato invece al secondo film di Sciamma – Tomboy –, Arrighini interpreta Laure/Michael, 10 anni. L’attrice esordisce spiegando l’importanza del comprendere e rispettare le regole di un gioco nel momento in cui lo si sta praticando: come dichiara lei stessa, «o le segui o sei fuori». Il gioco in questione è “Rubabandiera”, spiegato attraverso un’esposizione entusiasta e accurata che si conclude con una locuzione diretta di Laure/Micheal al pubblico in sala: «ora che conosci le regole, vuoi giocare?».
L’interrogativo spinge chi lo ascolta a compiere un salto nell’infanzia, riflettendo sulla grande serietà con cui lo sguardo di bambino osserva le regole che gli permettono di stare all’interno di un sistema che talvolta esclude senza dare spiegazioni.
Bande des filles? chiude la trilogia sull’adolescenza. In questo atto la figura centrale è Marieme, sedicenne, rapita in una danza che incarna l’assoluto presente e il desiderio di fuga che prende forma nei movimenti convulsi che si susseguono. Arrighini balla e canta a squarciagola sulle note di hit pop intramontabili, in un crescendo che culmina in un richiesta esplicita: «eravamo felici, ricordate? Fatemi ridere!». L’attrice dà vita a un atto liberatorio che riflette il bisogno di evadere e di immergersi nella leggerezza.
L’esigenza di evasione e ribellione nei confronti di chi sostiene e difende la violenza e le molestie compiute da grandi nomi del cinema mondiale, la necessità di prendere distacco da una diffusa omertà che risulta assolutamente inconciliabile con un’autenticità di ricerca e di espressione artistica prendono pieno corpo nelle parole di Adèle Haenel. Nell’atto dedicato a Portait de la jeune fille en feu è proprio lei la giovane in fiamme, che in una lettera scritta e resa pubblica nel 2023 motiva il suo ritiro dal cinema denunciando il compiacimento generalizzato dell’industria cinematografica nei confronti di registi, attori e produttori accusati di numerose aggressioni sessuali. Haenel compie un atto politico coraggioso racchiuso in un gesto – quello dell’allontanamento dal sistema – e in poche parole – quelle scritte nella lettera che Arrighini riporta con voce ferma e cuore in mano, «non ho altra arma che il mio corpo e la mia integrità. Parto, sciopero, mi unisco ai miei compagni la cui ricerca della dignità prevale su quella del denaro e del potere».
Nell’ultimo atto si verifica una rottura della dimensione monologica e solitaria. Si sentono infatti due voci fuoricampo dialogare fra loro: sono mamma e figlia che giocano a costruire una capanna. Ridono complici, si raccontano storie, sembra che attraversino anche orizzonti temporali diversi, per un attimo infatti le età si confondono e la madre crede di essere tornata bambina.
L’ossatura drammaturgica e scenica di Architetture compie un viaggio esplorativo all’interno della poetica della regista francese, mettendo al centro alcune figure femminili prelevate dalla sua filmografia, diverse per età e contesto sociale, ciascuna capace di mettere a fuoco questioni e prospettive differenti della visione di Sciamma. La lettura che Arrighini, Businaro e Fochesato danno dei film della regista restituisce uno sguardo d’amore nei confronti della sua poetica, che si propone di avvicinare lo spettatore ai temi nodali delle vicende attraverso un processo di sfoltimento che mira all’essenziale; una messinscena che offre la possibilità di immedesimarsi al di là di qualsiasi differenza di genere o classe.

Maria Chiara Bontempi 


immagine di copertina: immagini 9dots film

ARCHITETTURE
di Maria Chiara Arrighini, Lorenzo Fochesato e Chiara Businaro
con Maria Chiara Arrighini
produzione servomutoTeatro
con il sostegno di Profeti in Patria

La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a Genera Azione Festival