Giovani danzatori e nuove visioni coreografiche hanno animato MILANoLTRE 2025 con un pomeriggio intenso dedicato alla danza emergente. “Affollate Solitudini Teens”, “Absolute Beginners” e il talk “Sguardi al Futuro” hanno dato vita a un percorso che, da quattro anni, rappresenta una delle esperienze più fertili del festival. Un progetto nato per offrire alle nuove generazioni la possibilità di creare, sperimentare e crescere, in collaborazione con Fattoria Vittadini e con quattro scuole e accademie milanesi: DanceHaus, Centro Aida, Centro Artemente e Liceo Coreutico Tito Livio.

Inserire nel cuore di un festival dedicato alla ricerca una rassegna di “principianti assoluti” è un gesto politico oltre che artistico: un atto di fiducia nella danza come linguaggio vitale del futuro. “Absolute Beginners”, titolo che richiama la celebre canzone di David Bowie, diventa manifesto di una condizione creativa pura, fragile e autentica: essere principianti significa avere lo sguardo aperto, vivere la scoperta come atto di libertà.
Sette coreografie hanno raccontato questa energia originaria. Ogni lavoro, pur diverso per linguaggio, condivideva un’urgenza comune: quella di trovare la propria voce in un mondo che tende a omologare. Da “Affollate Solitudini Teens” è emersa una riflessione sul sentirsi soli dentro una collettività che non ascolta. I giovani interpreti hanno affrontato temi forti – la guerra, la sopraffazione, l’isolamento – contrapponendo alla fragilità dell’età un’intensa maturità espressiva.
I corpi in scena si sono liberati da maschere e abiti simbolici, in un gesto ricorrente di spoliazione: non una ricerca estetica, ma il desiderio di mostrarsi per ciò che si è, senza etichette né ruoli imposti. In questo senso, l’intera rassegna è apparsa come un “urlo muto”: un grido di libertà che denuncia il rumore di fondo di una società distratta, incapace di ascoltare davvero le inquietudini giovanili.

La serata si è aperta con Gospel of a Firebird di Marta Bressanin e Viktoria Masarova (Centro Artemente), storia di una ragazza che si sente vuota e tenta di colmare quel vuoto indossando, uno dopo l’altro, vestiti e ruoli che la soffocano. La danza si trasforma in un atto rituale, una ricerca di libertà che si conclude con un’immagine potente: il corpo intrappolato nel peso delle maschere quotidiane.

Segue Éveil di Matilde Paura, Martina Gambitta e Martina Ossola (Liceo Coreutico Tito Livio), dove una danzatrice lotta contro l’ossessione della perfezione. La camicia che si toglie sul finale è il gesto simbolico di chi rinuncia al controllo e accetta la propria fragilità: un “risveglio” che passa attraverso la caduta.

In Come sotto ai vestiti di Martino Orsingher (Centro di Formazione AIDA) lo specchio diventa metafora dell’apparenza. Il danzatore, coperto da strati di abiti, si spoglia progressivamente per ritrovare sé stesso, ma una pioggia di vestiti lo sommerge di nuovo: la pressione sociale che riporta ciascuno dentro i ruoli imposti.

Con The (Man)nequin Code di Gianluca Testaverde (Centro Artemente) la scena si popola di ironia e ribellione. Il performer, imprigionato in un costume di cartone, rompe la corazza del “manichino” per tornare corpo vivo e sensibile, rifiutando le etichette di genere e la spettacolarizzazione dell’immagine.

La quinta coreografia, METAMOPCO3A (Accademia Susanna Beltrami/DanceHaus), firmata da Maksym Petrashchuk, Laura Carlucci e Azzurra Cerciello, è una testimonianza intensa sulla guerra e sulla perdita. Attraverso luci strobo e suoni laceranti, la danza del giovane ucraino diventa una preghiera muta, una lotta contro l’incomunicabilità del trauma.

In Trial Moment di Ester Barba, Alice Cupani e Sofia Barreca (Liceo Tito Livio) il tempo è il vero protagonista. Tra clessidre e suoni elettronici, la danzatrice tenta invano di fermare lo scorrere del tempo: la prigione dell’attesa e dell’ansia si trasforma in una riflessione sull’impossibilità di controllare il proprio destino.

Chiude la rassegna L’Abito che mi Abita di Valeria Zuin e Beatrice Mattiozzi (Centro di Formazione AIDA), metafora di un’identità che si libera dai giudizi altrui. In un cerchio di etichette adesive, la performer lotta contro i pregiudizi fino a spogliarsene, trovando infine la pace nel vestire un “abito scelto”, non imposto.

In questo dialogo continuo tra formazione e ricerca si inserisce Moksha, solo di Tavishi Pownikar e Mattia Giurdanella, nato proprio in Affollate Solitudini 2024 e cresciuto fino a diventare una creazione autonoma. Il lavoro, sostenuto da DanceHaus e Fattoria Vittadini con la tutor Francesca Penzo, indaga il confine spirituale tra vita e morte, confrontando la visione occidentale e quella orientale. I fili rossi che attraversano la scena diventano metafora del destino, dei legami che trattengono e della libertà che si conquista solo accettando di lasciar andare. “Moksha” – in sanscrito, liberazione – non è la fine, ma un passaggio: un cammino di pace e consapevolezza.
Il pomeriggio si è concluso con “Sguardi al Futuro”, talk curato da The Upbeat Club e moderato da Eleonora Guerrieri. Un momento di confronto sincero, dove i giovani artisti hanno raccontato le loro aspirazioni e paure, consapevoli delle difficoltà di un mestiere che la società spesso non riconosce come “vero lavoro”. Le loro parole hanno restituito il senso più profondo della rassegna: la danza non come fuga dalla realtà, ma come strumento per comprenderla e cambiarla. Ecco che il “contemporaneo”, come ogni anno ci mostra questa rassegna, non è solo una forma estetica, ma una responsabilità: quella di dare voce al presente, ai corpi che lo abitano e ai sogni che lo attraversano.

Mauro Valle

foto di ©Domenico D’Alessandro e ©Vito Lorusso

CENTRO ARTEMENTE
Gospel of a Firebird – Coreografia e regia: Marta Bressanin – Costumi: Marta Bressanin, Viktória Masarova – Performance: Viktória Masarova
LICEO COREUTICO TITO LIVIO
Éveil – Coreografia: Matilde Paura, Martina Gambitta – Regia: Martina Gambitta – Performance: Martina Ossola
CENTRO DI FORMAZIONE AIDA
Come sotto ai vestiti – Coreografia e performance: Martino Orsingher
CENTRO ARTEMENTE
The (Man)nequin Code – Coreografia, performance e costumi: Gianluca Testaverde
ACCADEMIA SUSANNA BELTRAMI / DANCEHAUS
Metamopco3a – Coreografia: Maksym Petrashchuk, Laura Carlucci, Azzurra Cerciello – Performance: Maksym Petrashchuk
LICEO COREUTICO TITO LIVIO
Trial Moment – Coreografia: Ester Barba – Regia: Alice Cupani – Performance: Sofia Barreca
CENTRO DI FORMAZIONE AIDA
L’abito che mi abita – Coreografia: Valeria Zuin, Beatrice Mattiozzi – Performance: Beatrice Mattiozzi

Moksha
Coreografia: Tavishi Pownikar – Co-coreografia e danza: Mattia Giurdanella – Tutoraggio: Francesca Penzo – Costumi: De la Croix | Marco Antonio Hernandez Rojas – Testi e sinossi: Giacomo Matelloni (Stratagemmi) – Produzione: Fattoria Vittadini e MILANoLTRE – Con il sostegno di DanceHaus


Questo contenuto è esito dell’osservatorio critico dedicato a MILANoLTREview 2025