“La sopravvivenza dell’arte del teatro dipende dalla sua capacità di reinventare se stesso abbracciando nuovi strumenti e nuovi linguaggi. Altrimenti come potrebbe continuare a dar testimonianza delle grandi questioni della sua epoca e promuovere la reciproca comprensione tra le genti senza avere, esso stesso, uno spirito d’apertura? Come potrebbe essere orgoglioso di sé nell’offrire soluzioni ai problemi di intolleranza, esclusione e razzismo se, nella sua propria pratica, resistesse a ogni fusione e integrazione?”
Con questo spirito il drammaturgo e regista canadese Robert Lepage, in occasione della giornata internazionale del teatro 2008, ha indicato frontiere e prospettive del teatro nel ventunesimo secolo. Con la medesima convinzione “Stratagemmi” ha accolto l’invito di “Attraversamenti” – biennale diffusa di architettura svoltasi da ultimo in Umbria dal 24 al 27 settembre – a riflettere sui mezzi che il teatro può mettere in campo oggi per riscoprirsi strumento innanzitutto civile. Quest’anno la rassegna era infatti dedicata al tema L’architettura come superamento dell’emergenza. La domanda che ci siamo poste, prima di iniziare a lavorare sul Taccuino di questo nuovo numero, è stata: può diventare il teatro mezzo per superare le emergenze, siano queste di natura sociale, politica, cialis reviews economica o ambientale?
La risposta raccolta, guardando in diverse direzioni, esplorando diversi ambiti e indagando “emergenze” il più possibile eterogenee e lontane tra loro, è stata un convincente sì. Laddove il teatro si scontra e suo malgrado fa i conti, a livello economico, qualitativo, geografico, con situazioni-limite, da esse dimostra di saper ripartire per rilanciare, per creare nuove forme espressive, per proporre un superamento.
In questi due anni di vita di “Stratagemmi” non sono mancate testimonianze coraggiose di teatri che operano in contesti marginali e periferici, di gruppi che lavorano con continuità su territorio e integrazione, di piccoli teatri storici a rischio di estinzione perché minacciati da speculazioni edilizie, di compagnie giovani che sopravvivono nonostante la mancanza di spazi e risorse, di luoghi e persone per i quali il teatro ha costituito uno strumento di riscatto. Un argine contro emarginazione e indebolimento culturale, da un lato; ma anche, dall’altro, un intermediatore sociale, capace di arrivare dove altri non riescono, dando una voce credibile e riconoscibile a stranieri e adolescenti, lavorando a diretto contatto con situazioni estreme all’interno di carceri e ospedali, così come nelle zone colpite da guerre e da conflitti civili e ai margini del mondo sottosviluppato.
E se la sopravvivenza del teatro dipende oggi dalla sua capacità di reinventarsi, tradursi, accogliere e interpretare le richieste del pubblico – come sostiene Lepage – ecco che nella prima parte di questo numero ve ne forniamo un esempio: leggerete infatti del Festival di Edimburgo, una delle manifestazioni di teatro, opera e performance più importanti al mondo, fucina di sperimentazioni e vetrina per talenti e proposte tra le più diverse, che invade la città scozzese una volta all’anno permeandola di tutta la sua forza creativa ed eversiva. Ma il teatro si reinventa anche attraverso le riscritture sceniche, come quelle dello scrittore irlandese Brendan Kennelly, che riscopre e reinterpreta la formula della trilogia e del dramma classico con i testi Antigone, Medea e The trojan women. Della prima pièceleggerete un’analisi critica, volta a svelare come l’eroina greca possa diventare simbolo dell’emarginazione della donna nella moderna società irlandese. C’è poi spazio per un excursus sulla figura del Don Giovanni: mito letterario che attraversa secoli e correnti letterarie, da Molière a Byron, da Da Ponte a Tirso de Molina, colto in particolare negli sviluppi che assume la sua figura nella narrativa dell’Ottocento francese. Infine, ancora la questione femminile a teatro: un’indagine sul conflitto di genere e sulla condizione delle donne nella società greca classica così come appare in controluce nelle tragedie eschilee, in particolare nei monologhi e nei dialoghi delle eroine tragiche.