Esperìre. Questo il terreno di indagine proposto dal bando 2018 del Festival Troia Teatro, rivolto alle maestranze dell’arte scenica di tutta Europa: la rassegna, giunta alla XIII edizione, è divenuta un appuntamento fisso dell’estate troiana grazie al tenace impegno dell’associazione culturale Teatri35, sostenuta dal prezioso lavoro di giovani volontari.

Nell’edizione precedente la direzione artistica aveva scelto il tema del rito, orientando la ricerca verso un’esplicita direzione, sollecitando una risposta creativa personale a una precisa suggestione. La sfida di quest’anno risulta forse ancora più interessante, perché mette in discussione un’apparente tautologia: non è l’arte stessa intrinsecamente connessa all’esperienza? L’entusiasta adesione al bando – sono arrivate più di cento candidature – dimostra la fertilità di tale stimolo, che indirizza il processo creativo concedendo allo stesso tempo una notevole libertà espressiva.

Ed è così che davanti al pubblico del festival si è sprigionata un’ampia varietà di proposte. I sette lavori dei finalisti rispecchiano altrettanti personalissimi modi di dialogare con lo spettatore, a partire da presupposti, risorse e linguaggi eterogenei. Il teatro di prosa (Mamma di Danilo Giuva, Paura e delirio di 20chiaviTeatro, Antigone di AnomaliaTeatro) si è alternato a performance contaminate con la danza contemporanea o il circo: è il caso di Deja vu, presentato dalla compagnia Uscite di emergenza, e di To be, a cura del Teatro del Mantice. Non sono mancati nemmeno spettacoli esito di un percorso laboratoriale, mirati all’inclusione della cittadinanza: Dafna Moscati e la compagnia Sonenalè hanno dato vita – rispettivamente – a Io non sono sbagliato e Lo spazio delle relazioni grazie alla partecipazione degli abitanti di Troia.

Una varietà che risponde a un preciso intento della direzione artistica: permettere ad un pubblico geograficamente svantaggiato – i grandi teatri nazionali distano molti chilometri dal piccolo paese di Troia – di entrare in contatto con la ricchezza multiforme di opere provenienti da tutta Italia.

Coerentemente a questo principio inclusivo, ogni evento del festival è a ingresso libero: il lavoro degli organizzatori ha permesso, nel corso degli anni, la costruzione di una fiducia reciproca coi cittadini, che sono oggi orgogliosi di affollare i luoghi delle rappresentazioni con sguardo attento e consapevole. Un’altra strategia di coinvolgimento è la proposta di quotidiani talking about: spazi di discussione in cui il pubblico può liberamente confrontarsi con gli artisti che ha visto in scena, indagando i processi creativi che sottendono alla nascita di uno spettacolo.

I lavori che approdano al festival vengono discussi anche da una giuria di critici chiamati a premiare una delle opere finaliste: si apre così, nel contesto della premiazione, un ulteriore spazio di virtuoso confronto tra artisti, esperti e spettatori.

Il vincitore del Festival Troia Teatro 2018 è Danilo Giuva con il suo Mamma (di cui abbiamo scritto qui), premiato dalla giuria per “la solidità della proposta spettacolare, per lo spessore della rielaborazione e appropriazione drammaturgica del testo di Annibale Ruccello, nonché per la maturità espressiva con cui l’artista coniuga la propria urgenza poetica con la sollecitazione alla presa di coscienza collettiva.”

Dopo la proclamazione, gli spettatori hanno applaudito calorosamente: segno incoraggiante della possibile consonanza tra pubblico e critica. Almeno sotto il cielo di Troia.

Nadia Brigandì e Chiara Mignemi

Festival Troia Teatro­­_31 luglio – 5 agosto 2018