Raging Euphoria è uno spettacolo che mette in scena le emozioni, attraverso una commistione di linguaggi che va al di là dei generi teatrali tradizionali. La performance è suddivisa in due parti, due brani fisico-musicali che esplorano due diversi sentimenti, che danno il titolo alle due relative sezioni: uno affronta il fenomeno della “rage”, l’altro quello della “solastalgia”, due luoghi dell’anima per molti inesplorati a cui Stella Capelli e Daniele Boccardi hanno voluto dar voce e corpo.
“Rage” è, letteralmente, la rabbia, che spesso percepiamo con un’accezione negativa, ma che può anche divenire una risorsa. In questo lavoro, infatti, ci si connette a un senso più ampio del concetto di “rage”, espresso nella frase: «rage or go home». Capelli e Boccardi raccontano che si tratta di una scritta vista campeggiare su un cartello sbandierato da alcuni ragazzi a un concerto di Travis Scott e che incarna perfettamente la natura del brano di Raging Euphoria, il cui obiettivo è quello di liberarsi dal dolore e dalla sofferenza, prendersi un momento per dare libero sfogo a una furia da cui lasciarsi attraversare e svuotare, per sentirsi poi più leggeri, come liberati da un peso.
La solastalgia, invece, è un neologismo che va a indicare la “nostalgia del conforto”, inteso anche come casa/rifugio. Il termine, coniato da Glenn Albrecht, nasce da uno studio su una tribù della Micronesia, il cui suolo è stato deturpato per profitto, generando nella comunità una sofferenza legata al non riuscire più a riconoscere il posto che chiamavano casa. La solastalgia è, allora, un senso di malessere che sopraggiunge quando l’ambiente che ci circonda è stato violato, distrutto, abbandonato. È «la nostalgia di casa quando ancora sei a casa»; è un sentimento che incarna appieno il tempo presente, dove tutto cambia in maniera frenetica, compreso il posto dove si sta.
Si tratta di due dimensioni contrapposte, messe in scena in uno spazio che sembra cielo: dapprima in tempesta, con lampi di luce bianca che si alternano al buio della notte, poi quieto e avvolto in una luce gialla, calda che pare un’alba estiva.
Lo spettacolo si apre con una nebbia che invade la platea; in sottofondo, un rombo che pare l’inizio di un temporale. In scena, una figura incappucciata comincia una danza: si muove nello spazio come abbandonandosi, cade, si rialza, sferra colpi a più riprese, poi sviene. Una batteria posta al centro del palco inizia a suonare a un ritmo incalzante che Boccardi insegue con movimenti convulsi. Da questo vortice emergono pensieri espressi a voce alta: «non voglio fuggire, quello che mi batte è quello che mi scuote», «non mi sono mai sentito così, come se non mi fossi mai perso niente e non avessi più niente da perdere», inscenando una lotta intestina che culmina in grido. Rage è una rabbia che trasforma, un atto di ribellione e di catarsi.
A far da transizione tra la messinscena di questi due sentimenti riecheggia un suono simile a quello del mare; la luce si scalda e appare in scena una fanciulla, una tenda da campeggio e il ticchettio di un metronomo sul quale Stella Capelli, unica interprete in scena in questa fase, esegue una coreografia che cambia ritmo di continuo, inseguendo il tempo: la performer esegue movimenti rapidi, poi rallenta e resta sospesa. Porta in scena un microfono dall’asta lunga, che posiziona più in alto rispetto a sé; lo guarda con il viso proteso verso l’alto, come una bambina di fronte a suo padre: «In questi giorni ho dei pensieri strani… quattro montagne, un fiume e una valle». Si ode una voce infantile in sottofondo, Stella danza sulle sue parole, poi afferra il microfono e ripete: «Sono qui». Segue un canto volto a questo sole nascente che illumina la scena, riprende la danza e poi tutto s’interrompe. La fanciulla torna alla sua tenda e pensa a voce alta: «Come si fa a lasciare quattro montagne, un fiume e una valle? Come si fa a lasciare andare?». In un’atmosfera intima e familiare, Stella Capelli affronta la solastalgia attraverso l’eco del suo vissuto personale: la nostalgia di un luogo d’infanzia, di persone che sono cresciute e cambiate restituendo al pubblico un’emozione fatta di colori, suoni, ricordi.
Raging Euphoria si propone come la ricerca di una chiave di lettura scenica di due dimensioni dell’essere umano: la rabbia che rifugge il dolore e lo sguardo nostalgico verso il passato che incarna la paura del cambiamento. È un’indagine personale riproposta attraverso immagini suggestive, dove suoni, luci e colori conducono lo spettatore in un’esperienza immersiva che mette in scena sentimenti che tutti proviamo, ma a cui prima forse non avevamo dato un nome, un’importanza, uno spazio.

Maria Chiara Bontempi 


immagine di copertina: immagini 9dots film

RAGING EUPHORIA
Concept ETU (Daniele Boccardi/Stella Capelli)
Drammaturgia fisica Stella Capelli
Dramaturg Elio Musacchio
Sound design Daniele Boccardi
Musiche dal vivo Gabriele Marchioni e DADA
con Daniele Boccardi Stella Capelli
Produzione esecutiva Balletto Civile

La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a Genera Azione Festival