di Maddalena Giovannelli

L’articolo indaga ricorrenze e discontinuità delle Troiane di Euripide sulla scena contemporanea. L’analisi si sofferma in particolare su tre allestimenti, riscontrando come le più interessanti versioni delle Troiane degli ultimi anni segnino un significativo allontanamento dalla matrice. La prima messa in scena presa in considerazione è quella di Serena Sinigaglia e della sua compagnia Atir: il testo euripideo non è sottoposto a una riduzione, quanto piuttosto a un’operazione di ampliamento. I versi vengono spezzati, alternati, amalgamati con episodi dell’Iliade.

Vengono poi analizzati Le Troiane scritte da Mark Ravenhill all’interno del più ampio progetto Spara/Trova il tesoro/Ripeti e lo studio Displace #1. La rabbia rossa dei romani Muta Imago. I due progetti, nella loro diversità, sembrano condividere alcuni presupposti: l’utilizzo dell’opera euripidea come evocazione condivisa di un archetipo letterario, non come fondamento drammaturgico; l’indagine su una nuova tipologia di nemico, sfuggente e spersonalizzato. L’esigenza di descrivere di una guerra che abbia le specificità dei conflitti contemporanei sembra imporre un allontanamento deciso e definitivo dal testo euripideo.

The paper examines common traits  and discontinuities in contemporary representations of Euripides’  The Trojan Women. More specifically, it focuses on three mise en scene, in the attempt to show how, among recent Italian productions, the most interesting versions of the tragedy seem to significantly move away from the original. The first play  taken into consideration is the one directed by Serena Sinigaglia and performed by her theatre company, Atir. Sinigaglia chose not to abridge the original text but, in fact, to expand it . Verses are cut and mixed with  episodes from the Iliad. The analysis then shifts to Mark Ravenhill’s version, belonging to a wider project Shoot / Get Treasure / Repeat, and to piece Displace #1. La Rabbia Rossa, by Muta Imago. Both projects, although very different, seem to share some basic features: the use of Euripides work not as a dramaturgical base, but as an evocation of a shared archetype, and the intention of representing a new kind of enemy, shifty and depersonalised. The definitive separation from the Euripidean text is imposed by the urge to describe a war which has all the features of a contemporary war.