Una luce tenue illumina la sala blu di mare culturale urbano, dove solo un microfono occupa il palco; in sottofondo, un “rumore di cambiamento, di crisi”, di ghiacci che si sciolgono. E in effetti, musica e luce giocano un ruolo fondamentale in questo spettacolo, che mescola linguaggi e forme diverse nel tentativo di dare una risposta alla domanda: “come si rappresenta una crisi climatica?”. E ancora: “di quali strumenti si può servire un performer nel portare davanti a un pubblico un tema che tocca tutti, dal primo all’ultimo, ma a cui nessuno sembra sapere davvero come reagire?”.
Una possibile risposta viene qui presentata in un percorso di sei tentativi, numerati: quantificare è la parola d’ordine del mondo di oggi, esprime l’impellente necessità di ciascuno di trovare una certezza e una soluzione nelle cifre, come se avere davanti agli occhi le conseguenze delle nostre azioni non fosse sufficiente a dimostrarne la realtà. E così Nicola Ciaffoni snocciola numeri sulle emissioni quotidiane di cui ognuno può essere causa: 20 grammi di CO2 è quanto consuma ogni singola mail, e proprio questo dettaglio ha ispirato il titolo dello spettacolo e le sue premesse. La responsabilità ambientale che Ciaffoni sente per ogni più piccolo gesto quotidiano lo spinge a realizzare uno spettacolo che possa informare il pubblico sulla grandezza dell’impronta che stiamo lasciando sulla terra e sui rischi a cui andiamo incontro, con l’attenzione di avere il minimo impatto ambientale possibile nella costruzione della performance. Per fare tutto ciò, si serve di forme teatrali varie ed eterogenee, accompagnando lo spettatore da una scena all’altra con continui cambi di costume: i sei tentativi sperimentano sei tipi diversi di monologo, con il comune obiettivo di sensibilizzare sul tema, pur servendosi ognuno di diversi strumenti e modalità. Così vediamo la profetica minaccia di un mondo in fiamme da parte di indovino mascherato; assistiamo al racconto di una bottiglia di plastica, che si chiude con un sinistro avvertimento; ci lasciamo coinvolgere in uno spettacolo di stand-up comedy, che genera sorrisi e risate tanto quanto silenzi attoniti; ascoltiamo canzoni più o meno impegnate sullo scioglimento dei ghiacciai; partecipiamo a una poetry slam recitata da un albero nell’anno 2200 che ci rivela come l’uomo si sia estinto. L’ultimo tentativo – una danza sullo sfondo dell’apocalisse – è l’apice della versatilità dell’attore, che riesce a incantare il pubblico per un’ora e a farlo viaggiare in un continuo alternarsi di emozioni contrastanti, dal riso alla paura, dalla speranza allo sconforto. Tutti i costumi che hanno vestito questi mondi sono sparpagliati sul palco, tentativi falliti per una buona causa andata inascoltata: per la seconda volta, Nicola si chiede come sia possibile e in che modo sia opportuno raccontare i cambiamenti che la nostra terra sta subendo per mano dell’umanità. A quel punto, si arriva a una risposta, o meglio, a una direzione da intraprendere: non il monologo (ossia una persona sola che si rivolge a un pubblico forse interessato ma silenzioso), piuttosto il dialogo, il confronto, il dibattito aperto. È così che emerge la parola chiave di 20 grammi: spettatore, inteso non solo come chi guarda con distacco, bensì chi partecipa attivamente, si lascia coinvolgere e mostra la propria presenza. L’estesa accezione della parola spettatore – colui che assiste non solo alla messa in scena teatrale, ma anche alla profonda crisi che la terra sta attraversando – soddisfa lo spunto autobiografico della rappresentazione e invita il pubblico a liberarsi da ogni forma di passività. Si accendono le luci in sala e Ciaffoni si rivolge direttamente al pubblico, invitandolo ad alzarsi in piedi e a battere le mani, per dichiarare con energia la propria partecipazione e la propria responsabilità, a livello teatrale e a livello ambientale. In questo barlume di complicità, si fa avanti la speranza che non sia tutto perduto, forse anche a partire dal teatro.

Bianca Polissi 


immagine di copertina: foto di Davide Aiello

20 GRAMMI
di Gioia Battista e Nicola Ciaffoni
produzione Caraboa Teatro

La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a FringeMI Festival 2025