E se, il giorno dopo il trentesimo compleanno, qualcuno si svegliasse e si accorgesse di avere cinque capelli bianchi? Quale sarebbe la sua reazione immediata? È questa una delle domande che pone Alessandro Balestrieri, autore e protagonista dello spettacolo Gray o sulla paura della vecchiezza, portando in scena allo SLAP di Lambrate un Dorian Gray contemporaneo.
Alessandro si alza al mattino e, appena sveglio, va in bagno a lavarsi; mentre si guarda allo specchio, nota cinque capelli bianchi e cerca inutilmente di ignorare un pensiero opprimente: l’invecchiamento che incombe. Tornato in camera, osserva un regalo di compleanno ancora incartato che lo attende; dopo un momento di esitazione, prende coraggio e lo scarta: dentro trova un suo ritratto.
Diventa qui evidente il richiamo a Dorian Gray nel titolo e il nesso tra Alessandro e il protagonista del romanzo di Oscar Wilde. Il nostro nuovo Dorian, però, è un cantante pop, perfettamente inserito in una società che esalta l’apparenza e impone di essere sempre “sulla bocca di tutti”. Come quello originale, anche questo personaggio cerca in ogni modo di sfuggire a ciò che non è bellezza e giovinezza, ma senza successo: il confronto con il tempo che passa è inevitabile.
Nel corso dello spettacolo viene poi raccontata la storia della “vecchia imbellettata”, richiamando il celebre personaggio pirandelliano. Inizialmente, l’immagine di una donna anziana che, con trucchi e abiti giovanili, tenta goffamente di mascherare l’età può suscitare riso; ma questo sentimento lascia poi spazio a un senso di pietà, poiché si intuisce il dramma umano della vecchiaia, della solitudine, della paura di essere dimenticati. È proprio in questo contrasto tra la forma ridicola e il contenuto doloroso che nasce il sentimento del contrario. Questa donna diventa simbolo di una società sempre più ossessionata dall’apparire, pronta a tutto pur di restare desiderabile e al centro dell’attenzione.
Attraverso questa nota immagine letteraria, il protagonista stimola una riflessione più ampia sulla nostra realtà contemporanea, che premia l’apparenza a discapito dell’autenticità, in cui anche il nuovo Dorian si riconosce. La sequenza trova riscontro in un bell’intermezzo musicale e coreografico con Chiara Aquaro, dove canto e danza si fondono per rappresentare, in forma simbolica, l’angoscia di diventare vecchi e irrilevanti agli occhi degli altri.
Il testo riflette così sul passare del tempo, sulla perdita della giovinezza e sulla fragilità dell’identità che cambia con l’età, criticando la pressione sociale a mantenere un’immagine giovane. Adeguarsi a determinati standard può comportare una perdita di autenticità, sostituita da una maschera estetica che agisce per il desiderio di piacere agli altri. Il dramma, quindi, presenta due filoni argomentativi: uno sulla vecchiaia e uno sull’apparire.
Anche la struttura formale del dramma risulta bipartita, poiché si alternano monologhi recitati a momenti più performativi in cui l’attore canta e balla accompagnato dalla musica techno di Chiara Aquaro, che suona alla console per tutta la durata della rappresentazione. L’arrangiamento musicale è molto riuscito: il ritmo incalzante cattura l’attenzione del pubblico, rendendo lo spettacolo energico e coinvolgente. Inoltre, la performance vocale del protagonista è armonica, con ottimo controllo e grande espressività nell’interpretazione dei brani.
Tuttavia, questa duplice struttura, formale e tematica, non sempre riesce a mantenere una coesione chiara: le due linee portanti tendono a sovrapporsi, facendo talvolta correre il rischio di disorientamento nel pubblico. Ad ogni modo, la messinscena mantiene una forte efficacia espressiva e stimola interrogativi aperti e profondi, restando coinvolgente soprattutto grazie all’ottimo contributo musicale e interpretativo di Balestrieri.
Giulia Panichi
immagine di copertina: foto di Alessandro Villa
GRAY O DELLA PAURA DELLA VECCHIEZZA
da Oscar Wilde
di Alessandro Balestrieri
con Alessandro Balestrieri e Chiara Aquaro
musiche originali Francesco Altilio
La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a FringeMI Festival 2025