«Vuoi baciarmi? Vuoi passare la notte con me? Stai godendo?»
«Perché non ti trucchi? Perché non ti vesti meglio? Perché non ti metti a dieta?»
«Parlami della tua famiglia. Parlami di tua madre. Parlami delle cose che ti hanno fatto male». 
Come si risponde a queste domande, così insistenti, così pesanti e fuori luogo, quando ti hanno insegnato a essere sempre disponibile?
«Sì». «Forse». «Non lo so». «No». «No!»
NO è proprio il titolo della performance di Annalisa Limardi che racconta la difficile ricerca di un modo per opporsi a una società così permeata di patriarcato e difficile da smuovere. NO è un lavoro che, in soli quaranta minuti, mette in scena la storia e gli effetti di una vita in cui viene insegnano a dire sempre di sì, quando la risposta desiderata sarebbe stata solo un grande no. Lo spettacolo inizia in uno spazio buio: Limardi dà le spalle al pubblico, è scalza, indossa un top scuro e un paio di pantaloni ariosi, a scacchi, un abbigliamento comodo che già preannuncia parecchio movimento all’interno della messinscena. Il pubblico si guarda attorno, spaesato, mentre l’attrice è ancora girata di schiena, solo le spalle si alzano e si abbassano, come se stesse facendo dei respiri profondi, come se fosse ancora in una fase di preparazione e concentrazione.
La performance è fatta di tanta danza: Limardi ha un grande controllo del proprio corpo, lo comanda come se fosse un oggetto esterno. E alla danza si accompagna la musica elettronica assieme all’abile uso della voce della giovane artista, che evoca le voci di tutta una schiera indistinta di persone – famigliari, amici, partner stabili o occasionali, sconosciuti – che, a vario titolo, nella sua vita, l’hanno costretta a dire di sì benché lei fosse riluttante. Perché i no sono difficili da dire, perché dispiace e ci si sente in colpa, perché ci insegnano che è bene essere socievoli, gentili, divertenti, disponibili, mai ostativi. Limardi, invece, cerca, all’interno delle proprie viscere e urlandolo con la propria voce, il coraggio per rifiutare tutta quella pletora di domande e imposizioni che le vengono fatte. 
È un microfono a venirle in soccorso.
Inizialmente, la presenza di questo microfono è vissuta come qualcosa di minaccioso e ostile; poi, a poco a poco, diventa il suo mezzo di comunicazione per far risuonare quei rifiuti sempre più forti e intensi. L’amplificatore della sua voce è uno strumento quasi vivo, un oggetto dotato di volontà propria che ogni volta assume una forma diversa: ora sono mani che la palpano, ora una corda che le si attorciglia intorno al collo, a volte, invece, crea degli ostacoli sul suo cammino, per farla inciampare.
Lo spazio SLAP di Lambrate accoglie bene la performance, poiché è un luogo particolarmente adatto alla sperimentazione e, dunque, all’espressione più libera possibile. Il pubblico si siede anche per terra, si adagia comodo per stare allo stesso livello dell’attrice. È facile così che la performance diventi presto molto intima e coinvolgente. Annalisa guarda uno per uno ogni singolo spettatore con quei suoi occhi azzurri, intensi, magnetici, da perdercisi dentro, come se si aspettasse che fosse proprio il pubblico a rispondere alle sue domande. Però «devi valorizzarli», dicono incessantemente quelle voci della sua vita: «guarda che occhiaie, perché non ti trucchi?».
Limardi, attraverso questa sua lotta interiore, mostra anche quella sensazione che si crea all’interno di ognuno di noi, quando capita di dire troppi sì, che in fondo generano una sensazione di vuoto, di solitudine. «Ma tu ti senti sola?» è infatti la domanda finale. NO! Ed è attraverso questo ultimo rifiuto che avviene una rivelazione: quando si accendono le luci, ci si rende conto della complicità creatasi non solo tra l’artista e il pubblico, ma anche tra singoli spettatrici e spettatori. Il microfono adesso rimane per terra, ormai è inutile: forse quest’esperienza ci ha aiutato a dire, quanto a ricevere, qualche NO!

Silvana Accardo 


immagine di copertina: foto di Elisa Vettori

NO
di e con Annalisa Limardi

La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a FringeMI Festival 2025