«Sono Francesca, ho ventotto anni e faccio la…» è il mantra, ripetuto in maniera formulare per un elenco delle più svariate professioni, in apertura di Bandiera Bianca, una storia di fallimenti e di cadute, da cui però la protagonista, interpretata da Alessandra de Luca, prova sempre a rialzarsi. È una storia di precarietà, sfide lavorative quotidiane, atti di misoginia sempre più normalizzati, difficoltà economiche e sociali che hanno toccato e toccano continuamente intere generazioni. L’energia dello spettacolo, con la regia di Andjelka Vulic, non permette allo spettatore di riprendere fiato nemmeno per un istante, mentre Francesca si muove da un mestiere all’altro, spostandosi nello spazio scenico in maniera vivace e frenetica. Negli spazi di mare culturale urbano, sulle note di Una vita in vacanza de Lo stato sociale, l’attrice sale sul palco spoglio di mare culturale urbano, portando con sé uno zaino che contiene le speranze della vita adulta e le aspettative di una ragazza che si sposta dalla provincia alla città per cercare di dare una forma al proprio futuro. Dal suo zaino fuoriescono gli oggetti che poi saranno in scena durante tutta la performance, a simboleggiare le innumerevoli professioni che Francesca si trova a svolgere agli inizi della propria carriera lavorativa e che costituiscono il suo bagaglio di esperienze, effettivo e metaforico. Tra questi oggetti, spicca il colore rosso in una macchia di bianco e nero, a mo’ di simbolo della passione e di un cuore ancora fiducioso di fronte a un mondo che senza pietà tenta di abbatterla e disilluderla: rappresenta l’incrollabile speranza di poter realizzare il suo più grande sogno di diventare un’attrice. I lavori che Francesca si trova costretta ad accettare per sopravvivere sono variegati, ma tutti accomunati da un filo rosso, racchiuso in una battuta ripetuta per superare ogni ostacolo, come se fosse una formula magica: «sorridi e sculetta». La musica e le voci fuori campo creano un dialogo continuo con l’artista, come veri e propri personaggi presenti in scena, fino a culminare in uno scontro di boxe in un cui i pugni subiti superano di gran lunga quelli sferzati. Nel momento in cui la protagonista riesce a farsi strada nel mondo della recitazione, viene però sopraffatta dagli incarichi, a volte assurdi o inutili, che le vengono affidati. Lo spettacolo si chiude con un’immagine di forte impatto visivo, si tratta di un’armonica combinazione degli oggetti di scena usati fino a un attimo prima e sparpagliati sul palco che ora vengono raccolti in un simbolico cumulo di esperienze: ci sono tutti i momenti del suo percorso, i suoi traguardi e i suoi insuccessi, la sua inesauribile voglia di imparare e far tesoro delle lezioni apprese. Sulle note di Bandiera bianca di Battiato, Francesca sventola una bandiera bianca davanti a questa catasta, in una composizione che ricorda la Libertà che guida il popolo di Delacroix: la resa finale della protagonista è un atto rivoluzionario in una società che disprezza la rinuncia. La vita di Francesca è la vita di ciascuno di noi, fatta di tentativi, a volte riusciti e a volte fallimentari, di trovare la strada giusta e il nostro posto nel mondo, riassunta in una rappresentazione prismatica e dalle molte sfaccettature che invita a non arrendersi mai.

Bianca Polissi 


immagine di copertina: foto di Davide Aiello

BANDIERA BIANCA
di e con Alessandra De Luca
regia Andjelka Vulic in collaborazione con Giulia Maria Falzea

La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a FringeMI Festival 2025