In una Venezia di commerci e vizi, si intrecciano le storie corrotte del giovane Eugenio, incastrato nel gioco tanto da barattare la casta moglie Vittoria; Don Marzo, strozzino e rivenditore abusivo; Pandolfo proprietario della casa da gioco; Lisaura la prostituta del quartiere innamorata del Conte Leandro, ultimo arrivato in città e già noto nelle bische. Le vicende della Kaffeehaus di Ridolfo, invenzione goldoniana attualizzata da Fassbinder a fine anni Sessanta potrebbero essere cronaca odierna: una sfida a chi ha “il bottone più grosso” o la moglie più brava a letto…
Cosa non convince
La regista Veronica Cruciani con la compagnia dello Stabile del Friuli Venezia Giulia non tradisce il sottotesto de La bottega del caffè dell’autore veneziano: il triangolo potere-capitalismo-sesso è così portato in scena con musica dance, luci al neon e autoreggenti. L’opera settecentesca, che Fassbinder aveva ambientato nella contemporaneità degli anni Sessanta, viene ulteriormente attualizzata dalla regia della Cruciani, senza però aumentarne l’efficacia di personaggi e situazioni.
Domina lo stereotipo, una scelta registica che però a lungo andare appiattisce lo spettacolo con battute (nonostante il linguaggio diretto e tagliente) ripetitive e una recitazione che indugia nel luogo comune: la maschera veneziana, lo stivale da cowboy, e ancora l’impermeabile che si apre al momento più caldo mostrando la giarrettiera, sono solo alcuni esempi di un ensemble pittoresco, che trova nella strumentalizzazione della donna il suo cliché esemplare. Nel 2018 abbiamo ancora bisogno di donne che per cercare l’emancipazione debbano passare dal letto di un uomo?
Giulia Alonzo
Cosa convince
La rilettura della Cruciani evidenzia, come nel testo di Fassbinder, l’ineluttabile smascheramento di un microcosmo che, dietro le maschere giocose del Carnevale e i costumi della buona società, nasconde un mondo cinico e degradante. Non c’è posto per relazioni libere e sane: i rapporti sono avariati dalla dipendenza dal potere e soggetti al controllo del soldo.
E trasformista e perverso è anche il Kaffeehaus di Ridolfo: la scenografia dalla dimensione surreale astratta – in scena pochi tavolini e un fondale da bar contemporaneo – accoglie ora l’ordinario rito del caffè, ora le vicende torbide del casinò fino a diventare bordello carnevalesco. Luci psichedeliche, sonorità elettroniche e danze orgiastiche irrompono sul palcoscenico e contribuiscono a creare un universo straniante, ai limiti dell’onirico. La recitazione affiatata e brillante di un generoso cast (Filippo Borghi, Ester Galazzi, Andrea Germani, Lara Komar, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos, Ivan Zerbinati) conferisce un buon ritmo e vitalità alla rappresentazione. E così Goldoni e Fassbinder si fanno una gustosa rinfrescata.
Alessandra Cioccarelli
Das Kaffeehaus
di Rainer Werner Fassbinder (da La Bottega Del Caffé Di Carlo Goldoni)
regia e adattamento scenico: Veronica Cruciani
produzione: Teatro Stabile Del Friuli Venezia Giulia
Visto al Teatro Sala Fontana di Milano_ dal 9 al 14 gennaio.