Braccia in alto. Un passo avanti, con la punta del piede destro a fare da perno per il salto. Le mani aperte toccano terra, si prendono il peso del corpo chiedendo aiuto alle spalle, alla schiena. Il sangue va alla testa, concentrata a calibrare la spinta, a trovare il punto di equilibrio mentre il bacino la sovrasta. La gamba sinistra, per prima, si distende verso l’alto, ricercando la massima estensione. La destra, ultima a staccarsi da terra, sarà l’ago del bilanciamento, la lancetta del tempo di sospensione che determina la durata della verticale.

foto: Elisa Vettori

Fare una verticale perfetta, memorizzare i lemmi del dizionario della lingua italiana, disegnare un cerchio esatto con un solo gesto del braccio, apprendere l’Iliade in greco antico (e saperla recitare rispettandone gli accenti metrici), replicare un balletto di tendenza su TikTok: questo “imparare” e questo “riuscire” è quello che vediamo in scena fin dal primo minuto di Bildung, lo spettacolo di Malmadur in anteprima a Pergine festival. Lo spazio dell’Ex rimessa carrozze si trasforma in una palestra della mente e del corpo, con tappetini, computer a vista, un dizionario, proiettori, microfoni e soprattutto una lavagna – simbolo per eccellenza della bildung, della formazione qui intesa come “prendere forma”.

I Malmadur sono una compagnia coraggiosa. Oltre che per le tante difficoltà che una qualsiasi compagnia giovane e relativamente numerosa incontra in Italia, sono coraggiosi per la peculiarità dei linguaggi performativi che portano avanti. Bildung è uno spettacolo volutamente poco comodo, soprattutto all’inizio: non si preoccupa di spiegare, di mettere a proprio agio il pubblico, di costruire una storia, di nutrire insomma una serie di mode o stereotipi teatrali. E lo fanno non perché non vogliono, ma perché non possono: restano fedeli a una linea di ricerca eclettica ma con alcuni punti fermi. Ad esempio, il performer è un esecutore, non porta in scena un personaggio e nemmeno la propria personalità, la propria autobiografia. E questo avviene con un unico scopo: mostrare un’azione, un’azione che ha un prima, un dopo, e un adesso scenico molto precisi per noi e per loro – basti pensare al conteggio degli esercizi in aggiornamento a ogni performance. Asciuga tutto e giunge fino all’osso, Bildung, mostrando il nudo apprendimento. I performer sono come rapiti a quest’unico scopo e appena il pubblico comprende il gioco viene rapito anch’esso nel ritmo della ripetizione. 

foto: Elisa Vettori

Siamo con la loro concentrazione, la loro fatica, la loro frustrazione, la comprendiamo, a volte ne ridiamo, ma soprattutto la ri-conosciamo: siamo con Jacopo Giacomoni e le sue tecniche di memorizzazione per le cinque parole del dizionario aggiunte al suo elenco; siamo con Elena Ajani mentre declama i versi dell’Iliade senza pathos o quando fa girare un bastone, fermandosi solo per massaggiare i polsi. Queste parole e questi movimenti ipnotici aprono domande sulla storia dell’uomo, sul suo continuo mettersi alla prova, sul corpo come strumento per realizzare grandi ambizioni e desideri a volte banali.

Per quanto quest’esplorazione dell’apprendimento non sia mai gerarchica (la registrazione dell’Iliade vive accanto al mini-corso per replicare una clip di Beyoncé, il disegno del cerchio accanto al tutorial per lanciare una bottiglia e farla ricadere in piedi), lentamente emerge un discorso più aperto e universale. La regista Alessia Cacco è brava a cucire insieme una serie di elementi che si mimetizzano nel susseguirsi degli esercizi: ripercorrendo alcuni momenti archetipici della Bildung nella storia dell’umanità, si ascolta la prima registrazione di una voce umana, che canta una canzone popolare per bambini, dai toni scolastici: Au claire de la lune; oppure si risale alle origini della scrittura con il passaggio dai pittogrammi agli ideogrammi all’alfabeto europeo. Questo andare a ritroso, accompagnato dal Bolero di Ravel, trova un punto di congiunzione molto potente nelle impronte primitive della Cueva de las Manos in Argentina (riprodotta su uno schermo da cui spuntano mani e piedi di Ajani impegnata nell’ennesimo esercizio di danza). Parallelamente, spettatori e spettatrici sono chiamati a mettere la propria impronta sulla lavagna di scena, quasi a testimoniare che questo rito formativo e semiotico continua nel tempo, ancora oggi.

foto: Elisa Vettori

Spettacoli come quelli dei Malmadur meriterebbero più spazio nel teatro italiano, se non altro perché a loro volta “insegnano” al pubblico un rapporto nuovo, alternativo, con la scena e con il rito teatrale. Per fortuna, intanto, sopravvivono occasioni per realtà emergenti come quella di Pergine festival. Proprio perché non lo afferriamo subito, abbiamo imparato tanto da Bildung: e a fine spettacolo, senza neanche accorgercene, cantiamo in coro le prime note di Au claire de la lune.

Riccardo Corcione


foto di copertina: Elisa Vettori

BILDUNG
regia Alessia Cacco
dramaturg, performer Jacopo Giacomoni
performer Elena Ajani
collaboratori artistici David Angeli, Davide Pachera
assistenza alla regia, web designer Eleonora Bonino
organizzazione Marco Tonino
con il sostegno di Teatro Civico di Schio, Teatro Comunale di Vicenza e Arteven all’interno del progetto “A casa nostra”; Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento; Ferrara Off APS
in collaborazione con Evoè!Teatro.
si ringraziano il Teatro dei Servi Disobbedienti e lo Spazio DAS di Bologna