A lato di Piazza Napoli a Milano, tra i tavoli di UN Locale Palco Cucina, si insinua il FringeMI con lo spettacolo di stand-up comedy firmato da Altea Bonatesta: le chiacchiere tra un aperitivo e un boccale di birra animano il locale e, a guardar bene, nel bel mezzo della sala è seduto anche qualche volto noto della comicità italiana. Ed ecco che, conquistato il silenzio dei presenti, Bonatesta raggiunge il microfono e dà inizio a un racconto ricco di peripezie e di aneddoti d’infanzia, venati da un’irriverenza dissacrante. Fin dal titolo, Meglio un bidet oggi che un attico in Francia domani, è celebrata senza mezzi termini una vita precaria e priva di agi, ma riluttante a rinunciare alla soddisfazione dei propri bisogni primari e delle relazioni sociali.
L’attrice tratta la scoperta e l’accettazione di essere donna, a partire dall’inizio della pubertà – segnata con l’arrivo delle mestruazioni – fino a toccare i rapporti sessuali sperimentati con uomini di ogni genere. Di fronte a una società che non è ancora in grado di garantire una piena parità di genere, la comunicazione tra i due sessi perde di efficacia e viene inevitabilmente a mancare, come dimostra il matrimonio ormai logoro e sfilacciato dei genitori di Altea: il padre accetta passivamente ogni accusa della moglie, prendendosi responsabilità che non gli appartengono; per la madre ogni occasione è buona per litigare e sfoderare un «italiano trobadorico» che potrebbe usare «Salvatore de Il nome della rosa interpretato da Luca Giurato». Bonatesta ironizza sulla possibilità che la relazione uomo-donna trovi un faticoso equilibrio solo attraverso l’intermediazione della pornografia: così si ride delle pagine di un giornaletto erotico degli anni Novanta, Le ore della settimana. Ma anche tra le immagini del fotoromanzo, la categorizzazione delle pratiche sessuali impone una gerarchia inevitabile: passi l’eterosessualità e l’omosessualità maschile – anche incestuosa –, ma sdoganare la liceità di una coppia lesbica oltrepassa i limiti della natura già costitutivamente trasgressiva del porno! L’attrice ironizza sugli stereotipi di genere e cerca di smontarli: se anche l’uomo, fornito di testosterone, convive con un istinto sessuale «trenta volte» maggiore rispetto a quello della donna, sulla base di quale diritto è legittimato a oggettificare la figura femminile, «sballottolata sui muri come uno skifidol, lanciata sopra il divano come un beyblade»?
La narrazione di esilaranti aneddoti che popolano la quotidianità di ciascuno di noi si intreccia alla presenza di una religiosità ingombrante e stridente, che ha costellato l’adolescenza della donna, descritta con toni pungenti e ironici: l’immagine della madre che scopre le dita sporche di sangue, dopo aver cambiato l’assorbente in mezzo a piazza San Pietro durante la benedizione papale, evoca nella figlia il pensiero di un Cristo in croce con le stigmate sui palmi; la bambina con cui Altea entra in competizione durante una partita di bowling è descritta nei termini di un’apparizione mistica, evanescente, che «genuflessa […] intona un salmo e mi ha acceso dell’incenso»; la colonia estiva Campo felice è popolata da suore con «il taglio alla spauracchio» che sfogano il rimpianto di non essere divenute madri e si scagliano contro i metodi educativi montessoriani rivendicando l’uso delle catene; il funerale della nonna diventa sede di un sogno erotico con il prete e i tre becchini che portano la bara, il tutto accompagnato dalla recitazione del rosario.
Giocando su battute secche che non arrivano mai a sfibrare la linearità tematica dello spettacolo, Altea interpella in continuazione il pubblico che ha di fronte, rivolgendosi a tu per tu agli spettatori, alla ricerca di una complicità sociale, valoriale e naturalmente umoristica. Le risate seguono perfettamente i tempi scanditi dal monologo della comica e un fiume di applausi copre l’intervallo tra una sezione e l’altra. Rivendicando con gusto le proprie scelte, Bonatesta dichiara la sua predilezione per gli uomini d’età avanzata: in bilico tra un santino di don Bosco e un defibrillatore, ammette di soffrire del «complesso dell’antropologa», che la vede raccogliere tracce dal passato per finire a fare l’amore con la Storia.
Giulia Storchi


in copertina: foto di Davide Aiello

MEGLIO UN BIDET OGGI CHE UN ATTICO IN FRANCIA DOMANI
ideato, scritto e interpretato da Altea Bonatesta

Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2024