Nel 2016 fondi la compagnia Ballet of Difference: che significato ha per te la parola “differenza” ?
La differenza siamo noi stessi: non solo perché siamo diversi gli uni dagli altri ma, soprattutto, perché il movimento che ci contraddistingue, che proviene dai nostri corpi, è strettamente legato a una contingenza personalissima: quella della vita che ci troviamo a vivere. Tutto ciò che siamo (le nostre esperienze, la nostra cultura, ciò che abbiamo ereditato, ciò che abbiamo scoperto e così via) è condivisibile, ma nella condivisione si crea, al tempo stesso, anche la differenza. Ciò che come persona mi importa realmente non è cercare di riprodurre un’esperienza o percepirla dal di fuori, bensì viverla pienamente, sentirla parte del mio corpo, di me stesso. Il lavoro in cui credo è allora volto a celebrare le singole individualità all’interno di esperienze comuni.

Nelle tue parole si percepisce la necessità della compagnia di confrontarsi con tematiche strettamente civili ed etiche; New Ocean è vicino a qualche attivismo politico?
Non mi sono mai sentito motivato dalla politica in senso attivista; d’altra parte credo che l’estetica in quanto tale e il suo impatto sociale non siano separati. New Ocean si lega a tematiche contingenti quali il cambiamento climatico e il tentativo di contenerlo, ma al tempo stesso è strettamente connesso all’esperienza estetica. Il tentativo è quello di catturare lo spettatore, la sua visione, attraverso danzatori avvolti in una luce e in una musica ben precise: quelle immagini, quei suoni, susciteranno delle domande a cui ciascuno darà la propria risposta.

Nel tuo lavoro con i danzatori insisti molto sui piccoli gesti con l’obiettivo di creare maggiore consapevolezza del proprio corpo. La relazione con l’altro dipende dalla percezione che abbiamo di noi stessi?
Certamente divenire più consapevoli, attenti e responsabili di noi stessi ci permette di esserlo anche nella relazione con l’altro. La conoscenza di noi stessi è stata il filo conduttore su cui ho impostato la genesi di New Ocean: fin da subito ho infatti imposto ai danzatori di non toccarsi l’un l’altro; in questo modo ci siamo potuti concentrare sull’esperienza del movimento in se stessa e non solo su ciò che stavamo creando.

Agnese Di Girolamo e Lucrezia Tavella


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview