Uorpo a seno scoperto su cui vengono dipinti degli occhi con pittura nera. Questa è la prima azione proiettata su un gigantesco telo posizionato perpendicolarmente al palcoscenico, che spettatori e spettatrici del festival MilanOltre vedono mentre prendono posto nella sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini.
La coreografa e performer svizzero-greca Alexandra Bachzetsis segna così l’inizio di Exposure, creazione commissionata dalla compagnia svedese Cullberg, di cui vediamo nove performer. Esposizione è, infatti, la parola chiave della performance, che indaga la tendenza alla mercificazione del sé e del desiderio che caratterizza il corpo, non solo sulla scena, ma anche nell’arte, nel cinema, nella moda e nei media.

Quattro dimensioni spaziali e temporali coesistono sul palco: la parte frontale, dove vediamo dispiegarsi le azioni nella loro tridimensionalità; due teli da proiezione, uno più grande sul fondo e l’altro più piccolo posto alla sua destra; e infine lo spazio semi-nascosto appena di fianco al telo grande. Qui una telecamera riprende ciò che viene proiettato, ma di cui riusciamo a vedere soltanto la versione bidimensionale.
La contemporaneità di situazioni diverse riflette la ricca commistione di linguaggi che le abitano. Attraverso danza, performance, arti visive, tecnologia, cinema e cultura pop, Bachzetsis mette a nudo non solo danzatori e danzatrici, ma anche le implicazioni sociali e culturali della nudità stessa e dello sguardo che, come società, sistematicamente utilizziamo per darle significato.

Tra le primissime scene emerge subito una riflessione sull’ossessione per l’immagine e la forma: sul telo centrale, un uomo, di cui vediamo solo il busto, ordina i peli che ha sul petto e sulla pancia con uno spazzolino e del gel, come a voler mettere ordine nella natura. Ciò accade mentre una danzatrice alterna una serie di movimenti che rimandano a sport come la ginnastica o la kickboxing e un’altra riprende il suo viso o varie parti del corpo con una telecamera, rimandandoci al culto del corpo nel mondo del fitness e della danza, al perfezionismo frutto di una perpetua – ma non priva di tensioni – costruzione del sé attraverso le immagini.

Genere, potere, erotismo e individualità si confrontano con i loro opposti. La coreografa riesce sapientemente a farci dubitare non solo di ciò che vediamo, ma anche di noi stessi e di come siamo abituati a pensarci. Esemplare, in questo senso, è la scena in cui due uomini, uno vestito e uno totalmente nudo, alternano feroce violenza e profondo erotismo, finché i ruoli non si invertono e colui che precedentemente era vestito si ritrova nudo e viceversa. La questione riguarda quindi non solo, come dice Bachzetsis stessa nel talk che segue lo spettacolo, la necessità di indagare «cosa nello spettro dell’erotismo è violenza e perché ne abbiamo bisogno», ma anche i ruoli di potere stereotipati, continuamente messi in discussione.

Un set porno prende vita sul palcoscenico e le telecamere diventano metafora dello sguardo insistente e patriarcale che governa la percezione dei corpi nella nostra epoca. Se oggi questa è permeata da uno sguardo prettamente maschile, qui vediamo animarsi i dialoghi di Pleasure, film sull’industria porno della regista svedese Ninja Thyberg, risignificati al femminile. Tale ribaltamento non è però esente da contraddizioni, e Bachzetsis lo sa: mentre a dare indicazioni sul set è una donna, sullo schermo centrale appare un uomo la cui voce si sovrappone alla sua, mostrando la costruzione violenta e spesso disumanizzante del male gaze che, grazie alla sua posizione privilegiata a livello societario e culturale, influenza inevitabilmente anche lo sguardo femminile.

Non sono solo gli stereotipi di genere a essere sfidati, ma anche il senso di identità, che, articolandosi tra individualità e comunità, trova la propria climax nell’ultima parte dello spettacolo. Un rave si impossessa della scena: un’esplosione di energia, musica e danza techno unisce danzatori e danzatrici all’interno di una stessa bolla sociale di cui entra a far parte anche il pubblico, che per la prima volta viene ripreso dalle telecamere. L’operazione evidenzia la comunanza di una stessa condizione esistenziale, da cui nessuno è davvero esente e di cui tutti siamo testimoni. Ruolo favorevolmente accolto dalle persone in sala, che si lasciano andare a più di dieci minuti di entusiasti applausi finali, anche alzandosi in piedi.

Tramite l’insistente esposizione della nudità, Bachzetsis attua un processo politico di ristrutturazione dello sguardo e della percezione del corpo, spingendo verso una sua normalizzazione. Rivelando non solo ciò che i vestiti nascondono, ma anche il modo in cui ognuno di noi ha guardato a quel non-più-segreto. Ci si potrebbe quindi chiedere: come mai, nonostante siamo immersi in una società governata dall’iper-esposizione e sessualizzazione dei corpi, abbiamo ancora bisogno di una performance come Exposure per farci scrollare di dosso limiti e tabù?

Azzurra Cerciello

foto di © Carl Thorborg

Exposure

Ideazione e coreografia: Alexandra Bachzetsis
Musiche originali: Alban Schelbert
Scenografia: Ivan Wahren, Alexandra Bachzetsis
Disegno luci e video: Ivan Wahren
Costumi: Laurent Hermann Progin
Ricerca e assistenza costumi: Ulla Ludwig
Drammaturgia e supporto all’ideazione: Dorota Sajewska
Consulenza progetto e coreografia: Stephen Thompson
Direzione prove: João Dinis Pinho, Agnieszka Sjökvist Dlugoszewska
Stunt coach e intimacy coordinator: Nilla Hansson
In collaborazione con: Anand Bolder, Eszter Czédulás, Anna Fitoussi, Katie Jacobson, Camille Prieux, Owen Ridley-DeMonick, Noam Segal, Lilian Steiner, Vincent Van der Plas, Antoine Weil, Johanna Willig-Rosenstein, Judith Coumans, Elin Hallqvist
Produzione: Cullberg, in collaborazione con All Exclusive
Coproduzione: Gessnerallee Zürich, Kaserne Basel, Arsenic – Centre d’art scénique contemporain Lausanne
Con il supporto di: Pro Helvetia, Swiss Art Council, Kanton Zürich, City of Zürich


Questo contenuto è esito dell’osservatorio critico dedicato a MILANoLTREview 2025