Al Teatro Olimpico di Vicenza, il 27 e il 28 ottobre, si è parlato di critica teatrale e di Web.
L’incontro – pensato e coordinato da Massimo Marino, Anna Maria Monteverdi, Oliviero Ponte di Pino, Andrea Porcheddu – aveva diversi obiettivi. Primo tra tutti, una ricognizione del panorama di siti Internet, webzine, blog che si occupano di teatro: una situazione in continua evoluzione che sta andando a sbilanciare gli equilibri tra carta e rete, e che fa riflettere molto. Non è certo una questione solo teatrale: basti ricordare che gli utenti Web del “New York Times” superano dal 2009 il numero dei lettori del formato cartaceo, o che lo storico settimanale Usa “Newsweek” a partire dal 2013 abbandonerà la carta stampata per uscire solo online. A che punto di questa transizione si trova l’Italia? E in che direzione va il futuro dell’informazione? Altro e importante obiettivo dei giorni vicentini è stata l’assegnazione del premio “Rete critica”: ogni sito, ogni blog di teatro (da “Post teatro” di Anna Bandettini su Repubblica.it a Altre Velocità, da Controscene di Massimo Marino sul “Corriere di Bologna” a “Stratagemmi”) ha segnalato un artista o una compagnia meritevole di riconoscimento. Il vincitore è stato Daniele Timpano, classe 1974, drammaturgo innovativo e coraggioso che si è occupato, per un’intera trilogia, della Storia cadaverica della nostra Italia: risultato non scontato e non senza rilevanza, in un paese dove le giovani penne sembrano non trovare spazio o interesse né sul palco né sulla carta.

Di tutto questo – della transizione tra carta e rete, della difficoltà di pubblicare testi teatrali e di intercettare nuovi pubblici – parla il nostro Taccuino. Un’indagine sui rapporti tra l’editoria e il mondo del teatro: abbiamo intervistato responsabili di collana, direttori editoriali, titolari di case editrici, ma anche autori, attori e persino archivisti. E abbiamo scoperto che il mondo dell’editoria vive problemi e conflitti non molto distanti da quelli della critica: la difficoltà di raggiungere un pubblico numeroso, di uscire da un contesto di nicchia, la fatica dell’auto-sussistenza e allo stesso tempo l’esigenza di preservare passione e indipendenza. A questi temi “Stratagemmi” dedicherà una tavola rotonda, nei giorni di Book City Milano (16-18 novembre): al Teatro Franco Parenti si parlerà del futuro dell’editoria teatrale. Anche in questo caso, il teatro sarà punto di partenza per comprendere cambiamenti di ordine più ampio: la facilità nel produrre e diffondere contenuti multimediali è un’opportunità o un rischio? Come approfittare delle possibilità di condivisione e dibattito offerte dai social network senza perdere in qualità e approfondimento? La transizione dei libri dalla carta alla rete può aiutare nella sopravvivenza piccole (e grandi) case editrici? Una domanda, quest’ultima, che ci riguarda da vicino e che stiamo sperimentando concretamente sul nostro sito Web: da questo ottobre infatti, i singoli contenuti della nostra rivista (i saggi della prima parte e le sezioni monografiche del Taccuino) saranno acquistabili anche in forma digitale, grazie a un apposito store online.

Anche nei saggi che pubblichiamo nella prima parte il teatro si dimostra medium per comprendere e approfondire la realtà. Riletture e rappresentazioni di Medea e del mito degli Argonauti fioriscono nei territori della ex Jugoslavia a cavallo tra secondo e terzo millennio: attraverso l’archetipo, riflettono fedelmente gli orrori delle guerre appena trascorse, le contraffazioni e manipolazioni delle pseudo-democrazie postcomuniste e la lotta per superare divisioni etniche e religiose, alla ricerca di un’identità jugoslava non più politica ma culturale.
Il rifiorire teatrale nella Milano del XVI secolo si deve alla committenza di Lodovico il Moro, e naturalmente la sua figura e le istanze della sua politica hanno lasciato profonda traccia nei testi e nelle rappresentazioni dell’epoca. Il drammaturgo uruguagio Sergio Blanco utilizza l’archetipo di Cassandra – la sacerdotessa di Apollo vittima della faida famigliare degli Atridi – per raccontare l’Atene del XXII secolo, città simbolo di identità frammentate nelle quali si realizza l’apparentemente inconciliabile convivenza di antica grandezza e moderna decadenza, eternità del mito e della classicità e dozzinalità della cultura capitalistica post-industriale (e postmoderna).
Infine due contributi riflettono sulle criticità della rappresentazione del teatro antico: anzitutto la traduzione, che si deve confrontare con le necessità della messinscena – gusti, abitudini e cultura del pubblico di oggi – e dell’interpretazione del testo. Poi il lavoro drammaturgico e registico, alla ricerca di soluzioni di recitazione e di scenografia che possano rendere potenza e peculiarità di un teatro caratterizzato da estrema verbalità (a discapito dell’azione) e dalla dimensione corale, un qualcosa che oggi sembra impossibile persino comprendere appieno.