drammaturgia/regia di Fabio M. Franceschelli
visto al Teatro della Contraddizione di Milano_22 Marzo-1 Aprile

Come un’urgenza non più differibile, è nato pochi mesi fa il Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea (lo racconta Sergio Lo Gatto su Teatro e critica). Le motivazioni che hanno spinto gli autori italiani a riunirsi per provare a determinare un peso maggiore sono sotto gli occhi di tutti: delle produzioni italiane, solo il 20% sono nuove creazioni drammaturgiche.
Si potrebbe aggiungere che, per chi è propenso a curiosare fuori dal repertorio, è assai più frequente trovare novità significative lontano dai percorsi più strettamente verbali: le nuove tendenze – che si muovono con sapienza tra danza, arte performativa e studio sull’immagine – raramente propongono drammaturgie corpose e autosufficienti.
Ecco perché, quando si ha la possibilità di scoprire un nuovo autore che si metta alla prova con la scrittura, si ha sempre la sensazione di avere a che fare con una specie rara e in via di estinzione, alla quale accostarsi con cautela e riconoscenza.

Terzo Millennio di Fabio Franceschelli, drammaturgo e regista romano, è arrivato a Milano con solo dieci anni di ritardo: dopo essere stato applaudito in Austria e a Roma, lo spettacolo è approdato al Teatro della Contraddizione di Milano. Franceschelli ha le idee chiare sul teatro che ha scelto: lontani dalla “ciclica riesumazione di letterature e approcci registici ormai irrelati”, i suoi testi lavorano piuttosto sull’“eccesso”, “le atmosfere ipnotiche”, “i ritmi elevati”, “i personaggi grotteschi”. L’obiettivo è un risveglio forzato dello spettatore intorpidito, per attivare in lui “una coscienza vigile e critica rispetto all’attualità”.
In scena ci sono tre personaggi surreali e archetipici: la Donna, il Maiale, il Pescatore. L’intera piece si gioca sul serrato dialogo tra i tre, che illumina attimo dopo attimo l’assurdità del contesto, del linguaggio, dell’essere personaggi. L’inizio è folgorante: in un istante le battute attivano una macchina scenica dai perfetti tempi comici e teatrali, l’alto si mescola al basso, l’incomunicabilità tra i codici e i personaggi è un detonatore sottile e potente. Claudio Di Loreto – un eccellente maiale – è superbo nel ruolo di regista in scena: detta i tempi, incalza gli altri personaggi quando l’attenzione cala (“Ha dimenticato la battuta, stiamo perdendo ritmo; recuperi, recuperi; faccia qualcosa, racconti una storia allegorica”) passa con aplomb da colte disquisizioni a improvvisi nonsense (“lei può darci la speranza del ritorno dell’Era; lei condurrà le nostre truppe al trionfo; lei qui, lei là, trallallero trallalà”).
È evidente la sua consonanza con le corde del testo e dell’autore, e non stupisce scoprirlo co-fondatore della compagnia OlivieriRavelli: butta via le battute più impervie senza precluderne la comprensione, mantiene eleganza in quelle più grevi, incarna il delicato equilibrio tra il meccanismo comico e la struttura significante.

Ed è sotto il suo tocco che la prima parte del lavoro conquista gli spettatori, che ridono e attendono vibranti la successiva battuta caustica; poi l’atmosfera si sgrana, il meccanismo rallenta, il pubblico ha l’impressione di aver compreso il gioco, la novità della terza presenza non basta a rimescolare le carte, gli altri due attori paiono via via meno efficaci. Il riferimento ai modelli – Beckett, Ionesco, Pinter – pare quasi diventare schematico, senza più lo stesso brio e lo stesso smalto dell’esordio. Stanchezza del pubblico? Fisiologica debacle in una struttura da teatro dell’assurdo che ripete i suoi meccanismi? Necessità di una maggiore articolazione dei contenuti o urgenza di più corpose variazioni?
Verrebbe da suggerire a Franceschelli di indagare questi aspetti. Ma poi ci si ricorda che lo spettacolo è in giro da dieci anni e che il suo lavoro di autore nel frattempo è andato avanti, approdando a creazioni anche molto distanti da questa (l’ultima produzione è un omaggio a Pasolini) e affrontando forse queste e altre questioni aperte. Non resta allora che augurarsi di scoprire sviluppi e maturazioni del suo percorso, prima della prossima decade.

Maddalena Giovannelli