di Luigi Venezia

Delfi, sede del santuario profetico di Apollo e di gare panelleniche atletiche e musicali, fu il cuore spirituale della Grecia antica. Negli anni ’20 del secolo scorso il poeta greco Angelo Sikelianòs e sua moglie Eva Palmer elaborarono un grandioso progetto di rifondazione del mondo su basi etiche di fratellanza e collaborazione internazionale al cui centro era proprio questo piccolo paese dal grande passato. L’Idea Delfica, che prevedeva anche la creazione di una sorta di “Società internazionale degli intellettuali” e di un’università ispirata ai principi della pace e della solidarietà, trovò una realizzazione pratica nelle Feste organizzate nel 1927 e nel 1930. Esse comprendevano manifestazioni varie, tra cui competizioni sportive ed esposizioni di arte popolare greca; ma il loro nucleo vitale era la rappresentazione di una tragedia antica nel teatro antico di Delfi. Per il 1927 fu scelto il Prometeo incatenato di Eschilo perché, secondo lo stesso Sikelianòs, era “l’opera drammatica antica più rappresentativa degli sforzi dell’Umanità verso più luce”. Fu Eva a farsi carico degli oneri organizzativi, dell’allestimento del coro e della tessitura in prima persona di buona parte dei costumi. Il suo intento era di ricreare quell’unità delle arti che riteneva lo spirito del teatro greco antico e lo perseguì ponendo un’estrema cura a ogni dettaglio: abiti e gesti erano ispirati dagli oggetti antichi esposti nei musei, mentre la musica fu composta dal musicista greco K. Psachos in stile bizantino, che la Palmer considerava per molti versi diretto continuatore del modo antico. Il successo delle Feste fu grande, ma effimero e i Sikelianòs, oberati di debiti, non poterono più procedere nella realizzazione dell’Idea. Rimangono tuttavia i loro testi, a testimonianza di un sogno stupendo.