Quella di Salvatore Romania, coreografo e danzatore siciliano, è una danza che dà conto della materialità del corpo, dei movimenti e dello spazio. Durante la masterclass organizzata presso DanceHausPiù, Romania sprona i giovani danzatori a trovare l’energia dentro sé stessi, in ogni parte del proprio essere: «Muovi tutto: dita, polsi, gomiti, spalle; sentilo come movimento articolato: metti in coscienza».

I ragazzi sono in piedi sparsi nella stanza, hanno da poco iniziato il riscaldamento e piano piano questa energia, evocata da Romania a inizio lezione, prende il sopravvento: i visi sono sempre più concentrati e si arrossano, i corpi si attivano, i danzatori iniziano a muoversi nella sala e il rumore dei passi sul pavimento si fa sempre più concitato. Quello del coreografo è un invito all’esplorazione: non si tratta solamente di muoversi in un luogo, ma di cominciare una vera e propria indagine — «Esplorate, cercatevi, scopritevi», continua a ripetere. E i danzatori attraversano, con il tramite del corpo, le proprie fragilità, la consistenza dello spazio e del movimento, il ritmo.

Mentre cercano, con qualche difficoltà, di imparare i passi proposti da Romania, i partecipanti sorridono tesi di fronte alla complessità dei movimenti; lui però li invita ad andare oltre la tecnica: «Non fermatevi all’idea di sbagliare: dovete osare, perché è un’occasione per conoscere i vostri limiti. Attenzione: se un passo viene eseguito in modo corretto dal punto di vista tecnico, è carino e pulito, ma non speciale; è vostra responsabilità trasformarvi. La forma senza la sostanza è come una bottiglia di vetro vuota nel deserto: non serve a niente».

Il richiamo è quindi a un sincero incontro con sé stessi: il movimento — sembra dirci il coreografo — diventa un vero e proprio linguaggio solo nel momento in cui scaturisce da dentro, dal contatto sia con la propria coscienza sia con il proprio corpo. Non bisogna poi cadere nella trappola del confronto: «Se ci guardiamo, siamo tante forme diverse: con la tecnica cerchiamo di avvicinarci, ma ognuno deve scoprire il proprio equilibrio, capire i suoi pesi, cercare la tenuta del proprio centro».

A fare da perno a questa ricerca è il suolo, elemento fondamentale della poetica di Romania: il contatto dei piedi nudi con il pavimento permette di «avere un’altra tenuta», di conoscere il gesto in modo nuovo, con un contatto e un legame diverso dal consueto. La danza è infatti prima di tutto corporeità e materialità: più volte Romania nel corso della masterclass propone immagini concrete ai danzatori per far percepire loro la consistenza dei movimenti e dello spazio che attraversano. I partecipanti accolgono le indicazioni di Romania e si mettono alla prova, prendendo consapevolezza del proprio potenziale e sperimentando un nuovo modo di esprimersi. «C’era corpo, c’era energia che poteva essere modellata» con queste parole una danzatrice esprime il suo entusiasmo a fine lezione: proprio quell’energia, di cui parlava Salvatore Romania, ha preso concretamente forma ed è stata accolta e trasformata dai corpi dei danzatori.

Giuditta Pistone


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview