Chiunque abbia visto e amato Amadeus, il film del 1984 di Miloš Forman, non può che andare a vedere la versione di Bruni/Frongia all’Elfo Puccini con aspettative altissime. Inevitabile il confronto: il copione è di Peter Shaffer, come la sceneggiatura che il regista ceco, approdato a Hollywood da Praga nel 1968, ha trasformato in immortale apologo sull’arte, sullo star system, sullo scontro impari tra mediocrità e genio. Il film vinse ben otto Oscar tra cui miglior regia, miglior sceneggiatura e miglior attore a F. Murray Abraham nei panni di Antonio Salieri: l’incontro del compositore italiano con il geniale Mozart è l’inizio di una vicenda esemplare – degna di una tragedia greca – dove uno muore tragicamente e l’altro si proclama colpevole della sua morte.
La versione di Shaffer, ispirata a Mozart e Salieri di Puškin, rivive oggi sul palco dell’Elfo grazie a Ferdinando Bruni, protagonista e regista – con Francesco Frongia – di una splendida messinscena che non tradisce le attese: il ruolo di Salieri sembra scritto per Bruni, già dal prologo in cui ci appare in punto di morte, curvo e grinzoso, con la voce roca e cavernosa e le mani tremanti. Viene spontaneo ricordare altri suoi personaggi memorabili, come il viscido usuraio Don Marzio, nella Bottega del Caffè che Fassbinder adattò da Goldoni, o il magistrale Shylock nel Mercante di Venezia. Ma pochi istanti dopo l’attore ci regala una delle sue imprevedibili metamorfosi: Salieri rievocando il passato muta voce e aspetto, torna il giovane musicista italiano che fa un patto con Dio e gli dedica la vita intera in cambio del successo. Racconta la fuga dalla natia Legnago, l’approdo a Vienna, la carriera travolgente alla corte dell’Imperatore (tutti ottimi gli attori di supporto). Fino all’incontro fatale con la sua nemesi: Mozart, il giovane Daniele Fedeli (già apprezzato protagonista di Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte), che non teme il confronto col film. Anche lui credibile e convincente nei suoi molti volti: ex bambino prodigio, vittima di un padre-padrone (Leopold), infantile e sboccato all’inizio (quando corteggia Constanze che diverrà sua moglie), insofferente verso stereotipi e convenzioni, ottusità e ignoranza (quanto è moderno rispetto ai suoi detrattori!), commovente nei suoi entusiasmi e negli slanci di gratitudine verso i suoi benefattori (incluso Salieri stesso, che finge di aiutarlo ma in realtà lo boicotta sistematicamente), poi sempre più cupo e dolente mentre la sua breve vita si consuma.
Sulla scena le due figure ci appaiono entrambe tragiche: Mozart muore incompreso, tormentato dal fantasma di suo padre, oltre che dai debiti, e non apprezzato come merita; Salieri è l’unico che ne riconosce il genio e per questo soffre e si tormenta fino alla morte. Bruni conquista per la capacità di trasformare l’antagonista in antieroe complesso, dalle molteplici sfumature, ben oltre il semplice villain: tradito da quel Dio a cui ha consacrato la vita, che si esprime per voce di un ragazzo impertinente e ribelle. Diviso tra ammirazione e invidia, ossequioso con l’imperatore e con i cortigiani, fintamente generoso con Mozart al quale – seppur per brevi istanti – non riesce a nascondere i suoi veri sentimenti.
Come ogni tragedia ben scritta, e ben diretta, avvince anche chi conosce a memoria la storia e il suo finale: la platea stracolma dell’Elfo Puccini resta con il fiato sospeso per due ore e mezza filate (salvo una breve pausa, annunciata ironicamente in proscenio da Bruni/Salieri, per esigenze di “vescica”). Il testo è valorizzato dalle musiche di Mozart – riservate a pochi momenti opportuni – e qua e là da battute rivolte al pubblico di oggi (l’insofferenza degli austriaci verso gli italiani che imperversano a Vienna). L’uso sapiente dei mezzi teatrali, dall’asciutta, quasi rarefatta essenzialità, fa risaltare ancor più il copione rispetto al film anche grazie all’interazione col pubblico. Ne è un esempio la scena in cui l’imperatore e i cortigiani assistono alle prove dell’opera Le Nozze di Figaro: Mozart, per le trame di Salieri, ha dovuto sopprimere la musica in una scena danzata; quindi la fa rappresentare in silenzio per l’Imperatore che siede in proscenio, tra i cortigiani, guardando in faccia il pubblico. L’assurdità della danza muta si riflette sui volti degli attori, che contemplano stupiti noi spettatori e ci rendono protagonisti. Qui, come altrove, a rendere giustizia al testo sono non solo gli interpreti, ma l’intera regia dal ritmo incalzante, impeccabile come la musica, le proiezioni misurate e ben dosate (anche qui il confronto col film è giustamente evitato), le scene essenziali e i favolosi costumi di Antonio Marras – raffinati e stravaganti, sospesi tra il Settecento, Billy Idol e Lucio Corsi – le parrucche e gli arredi che rientrano nel filone di intelligente contaminazione, tra antico e moderno, inaugurato da Forman e ripreso al cinema da Sofia Coppola, Yorgos Lanthimos e molti altri. Questo Amadeus ci dimostra che il teatro può eguagliare, e anche battere il cinema, perché ci prende e ci incanta dal vivo, ci sorprende e commuove fino alla fine: Mozart muore sulle note del suo Requiem, Salieri gli sopravvive all’ombra del suo genio, consapevole che il rivale sarà ricordato per la sua musica, lui solamente per l’accusa autoinflitta – e non creduta – di aver ucciso Mozart. Anche se non sapremo mai la verità, è sufficiente vederlo in scena per credergli, per far vivere ancora – e riscattare dall’oblio – Antonio Salieri “santo protettore dei mediocri”.
Martina Treu
in copertina: foto di Laila Pozzo
AMADEUS
di Peter Shaffer
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
costumi di Antonio Marras
con Ferdinando Bruni Antonio Salieri
Daniele Fedeli Wolfgang Amadeus Mozart
Valeria Andreanò Costanze Weber, moglie di Mozart
Riccardo Buffonini Venticello, procuratore di informazioni e pettegolezzi
Matteo de Mojana Barone Gotrfried Van Swieten, prefetto della Biblioteca Imperiale
Alessandro Lussiana Venticello, procuratore di informazioni e pettegolezzi
Ginestra Paladino Contessa Johanna Kilian Von Strack / Katharina Cavalieri, cantante
Umberto Petranca Giuseppe II, Imperatore d’Austria
Luca Toracca Conte Franz Orsini-Rosenberg, direttore dell’Opera Imperiale
luci Michele Ceglia
suono Gianfranco Turco
assistente ai costumi Elena Rossi
assistente alla regia Giorgia Bolognani
realizzazione costumi Elena Rossi, Alessia Lattanzio, Monica Fedora Colombo, Grazia Ieva
realizzazione scene Marina Conti, Giancarlo Centola, Tommaso Serra
produzione Teatro dell’Elfo
con il contributo di NEXT Laboratorio delle idee per la Produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo
si ringrazia Corti Giuseppe Tessiture Jacquard e Gianni Gallucci per i tessuti e le calzature
prima nazionale