testo e regia di Renata Coluccini e Marco Di Stefano
visto al Teatro Verdi, Milano_16 marzo-5 aprile 2012

Fra le tragedie dedicate agli Atridi, dall’Orestea in poi, nessuna porta il nome di Clitemnestra. Eppure la moglie di Agamennone ha un ruolo importante in tutte, a cominciare dall’Agamennone eschileo (dove è interpretata dal primo attore e domina la scena da assoluta protagonista), fino alla recente riscrittura attualmente in scena al Verdi, che le rende giustamente onore portando il suo nome. La sintesi drammaturgica essenziale, dalla scrittura asciutta e tagliente, è liberamente ispirata alle opere dei tre maggiori tragici e valorizzata da una regia efficace dal ritmo incalzante, con tre sole attrici in scena: Elettra (Ylenia Santo) è un’adolescente annoiata e bulimica che si rifiuta di crescere e s’ingozza di ‘schifezze’ davanti alla televisione. Di questo la rimprovera la madre Clitemnestra (Renata Coluccini), amorevole ma distante. Suo marito è lontano, da dieci anni in guerra, e lei si è caricata addosso il peso del governo. E proprio per questo suo impegno si sente trascurata la figlia, che vive nel ricordo idealizzato del padre assente: quando ne viene annunciato il rientro, Elettra non vede l’ora di riabbracciarlo; rinfaccia alla madre la scarsa gioia dimostrata alla notizia, e la presa di distanza dalla guerra contenuta nel comunicato stampa di Clitemnestra. Il ritorno del re Agamennone, che non compare mai in scena ma è costantemente evocato, mette le due donne di fronte all’abisso, ormai invalicabile, che le separa. E tra loro si interpone in questa riscrittura un’altra donna, Cassandra (Benedetta Brambilla): la schiava straniera portata lì dal re, con la forza, come oggetto sessuale. È lei a raccontare l’orrore della guerra e la brutale verità sul conto dei prodi soldati e del loro comandante: Clitemnestra ha già immaginato tutto, ma vuole sentire lo stesso ogni cosa. Elettra non vuole sentire nulla, si rifiuta di ascoltare. Lei sta con i vincitori, non con i vinti – grida alle altre due –e col suo atteggiamento spinge la madre al gesto supremo: l’unico possibile, ormai, l’ultimo disperato tentativo di fare giustizia. Clitemnestra lo compirà con lucida e rassegnata determinazione, da sola, rifiutando l’aiuto di Cassandra. Sa bene che questo gesto le attirerà l’odio e la vendetta dei suoi stessi figli, come le conferma la profetessa troiana che in questa riscrittura non può che stare dalla sua parte. Ed è nell’alleanza tra le due donne che la drammaturgia trova gli esiti più alti, affrancandosi decisamente dall’originale eschileo fino ad approdare a una conclusione inedita, eppure logica e necessaria, inevitabile e commovente.

Martina Treu