In Italia è bastato il volto di Cristo ritratto da Antonello da Messina. Il regista Romeo Castellucci della Societas Raffaello Sanzio ha scelto di raccontare con una metafora l’impotenza di chi vede il corpo umano decomporsi, l’appello disperato al proprio Dio, il dubbio di chi crede di fronte al dolore: è un tratto di inchiostro che macchia la tela e mina le sicurezze. È stato sufficiente questo perché la replica milanese dello spettacolo Sul concetto di volto nel figlio di Dio scatenasse polemiche e opposizioni, perché l’arcivescovo Scola parlasse di una scelta di programmazione poco attenta da parte del teatro ospitante, il Franco Parenti, e perché fosse necessario tornare a rivendicare la libertà di espressione artistica (così hanno fatto Massimo Marino, Attilio Scarpellini e Oliviero Ponte di Pino lanciando un appello di grande forza, che è rimbalzato senza sosta in rete trovando consensi assai trasversali, da Emma Dante a Jovanotti).
Sono state spese parole come pregiudizio e censura preventiva per uno spettacolo che tratta di archetipi e nuclei tematici universali, come il rapporto tra un padre e un figlio, e che nemmeno arriva a sfiorare discorsi politici o civili di attualità. In Gran Bretagna Caryl Churcill interviene a caldo sull’attacco israeliano a Gaza con il suo testo Sette bambine ebree, interrogandosi su coscienza e responsabilità israeliane. Gurpreet Kaur Bhatti parla di sopraffazione e intercultura mettendo in gioco la propria identità sikh. Steve Waters scrive di ambiente e di inquinamento globale cercando di inchiodare con il suo testo colpe e cecità che appartengono a tutti. In tutti questi casi non sono mancate polemiche e dissensi: eppure mai è stato messo in dubbio il ruolo del teatro come naturale agorà nella quale la vita politica, le responsabilità della società e del singolo vengono discusse e partecipate. Partendo da queste esperienze ci siamo interrogate, nel Taccuino di questo numero, sul ruolo del drammaturgo e sulla sua funzione di interprete della realtà: abbiamo così percorso le tracce del progetto Short Latitude, promosso dal Teatro Pubblico Pugliese e da British Council: nei tre giorni di laboratorio, Gurpreet Bhatti e Steve Waters hanno dialogato con un gruppo di autori pugliesi, sperimentando tecniche di scrittura e indagando le differenze tra due sistemi produttivi molto distanti. Nella pagine che seguono troverete un report dal laboratorio, approfondimenti sui due autori e un assaggio della loro poetica ancora pochissimo nota in Italia. Londra e la sua vita culturale sono al centro del primo saggio della sezione dedicata agli Studi: all’alba della nascita dei moderni mezzi di comunicazione Ben Jonson, con The Staple of News (1626), si interroga sul rapporto tra oralità e scrittura, anche in relazione al suo essere autore di teatro, e sul difficile equilibrio tra autorità monarchica (oggi si direbbe senz’altro: statale) e vox populi; tra residui di grottesco medievale e gossip, l’autore auspica che la società possa “scorgere la propria follia”.
Segue un’inedita e puntale analisi de La Bayadère: vengono rintracciati, all’interno del balletto messo in scena da Natal’ja Makarova, gli elementi spiccatamente indiani e connessi con i rituali vedici. Infine Franco Nasi, docente e traduttore, indaga particolarità stilistiche ed elementi intertestuali in Rumore di acque, scritto e diretto da Marco Martinelli: ne riesce un viaggio che solca il mare di Coleridge per approdare ai Lager di Primo Levi, passando attraverso l’Inferno dantesco e quello futuristico di Philip K. Dick. Ma il tessuto metaforico e letterario serve per affondare il coltello nella piaga dell’immigrazione clandestina e in altri orrori assolutamente contemporanei: a dimostrare come talvolta anche il teatro italiano sappia farsi urgenza politica, riflessione sulle responsabilità. Infine, inauguriamo con questo numero uno spazio nuovo, Post it. Le geometrie della critica teatrale e gli equilibri tra rete e carta stampata sembrano spostarsi con grande rapidità: a fronte della crisi della critica su quotidiani e spazi istituzionali, si riscontra un’esplosione di siti Web che si distinguono per vitalità, attenzione ai nuovi linguaggi della scena e della comunicazione, capacità di destare nuovo interesse. Crediamo dunque fortemente che vadano sviluppate sinergie tra carta e rete; in questa prospettiva, abbiamo rinnovato e potenziato il nostro spazio Web e abbiamo avviato una collaborazione con la testata online “Teatro e critica”. Le contaminazioni vanno in una duplice direzione. Geografica, in primis: una redazione romana e una milanese si scambiano sguardi sui due territori cruciali per le esperienze teatrali italiane oggi. Di mezzi, anche: “Teatro e critica” condividerà sulle pagine di una rivista dall’anima accademica alcuni ‘consigli di visione’, e uno stato dell’arte degli spettacoli più interessanti appena prodotti. Troverete così un affresco di autori, testi, appuntamenti significativi dei mesi appena passati e di quelli che stanno per arrivare, tracciato con l’immediatezza e la freschezza di chi aggiorna una testata online giorno per giorno.