di Nicole Pecoitz
Che cosa hanno a che fare i film horror di Dario Argento con le tragedie di Euripide scritte più di 2500 anni fa? E un coro tragico di un teatro greco con i migranti albanesi della Vlora?
Serena Sinigaglia ci fa rivivere i classici sotto una nuova prospettiva.
Chi si aspettasse di andare a teatro, prendere posto, vedere il sipario spalancarsi e immergersi in uno scenario con in lontananza il monte Citerone illuminato dal caldo sole greco e si aspettasse di veder comparire da un momento all’altro le sfrenate sacerdotesse del culto di Dioniso, rimarrebbe certamente molto sorpreso.
Quello che ci propone Serena Sinigaglia, regista e fondatrice del gruppo ATIR, è uno spettacolo assolutamente innovativo e originale in quanto il pubblico non assiste più semplicemente a un adattamento di una tragedia ma ha modo di rivivere il mondo antico, considerato spesso molto distante da quello attuale il quale, ci insegna la Sinigaglia, in fondo non si è poi tanto evoluto. L’intera rappresentazione è giocata proprio su questo parallelismo tra un mondo, il cui modello è le Baccanti di Euripide, e un altro, incarnato dalla storia della travagliata nascita della sua prima messa in scena da parte del gruppo: fin da quando alla Sinigaglia è venuta in mente l’idea durante un viaggio in Grecia dopo la maturità (di cui vengono raccontati, nello spettacolo, alcuni piacevoli aneddoti), attraverso sgradevoli incontri con autorità albanesi ed esilaranti (e imbarazzanti) episodi per arrivare, infine, al successo della prima.
Alternate a queste esperienze della sua vita, la regista ha deciso di proporre precise scene dell’opera di Euripide, scartandone alcune e preferendone altre che costituissero il modello da cui partire per instaurare connessioni con il presente.
Ecco che allora ogni elemento acquisterà un proprio significato: sarà visibile come l’ospitalità di oggi dei profughi è un concetto molto diverso dal valore della sacra xenìa che accumunava i Greci, come un film dell’orrore del nostro secolo con scene raccapriccianti non sia così differente dalla brutalità di alcune nelle tragedie antiche, e perfino come sia possibile che Dioniso, sotto le mentite spoglie di uno straniero, venga associato a un comune turista munito di zaino e telefonino.
E da questa fusione tra due universi ne risulta una perfetta armonia tra comicità, drammaticità in giusta dose e momenti intensi che propongono spunti di riflessione al pubblico che viene coinvolto sin dal primo istante.
Nel corso di tutta la rappresentazione occupano il palcoscenico, interrompendo il nero monotono della scenografia completamente spoglia, solo tre sedie: una, un po’ in disparte, destinata a Serena Sinigaglia, narratrice, e due vicine per Salvatore Nicosia e Sandra Zoccolan, gli attori che interpretano i più svariati personaggi da Penteo e Agave della tragedia euripidea a Rossella, l’amica del liceo, fino alla personificazione di Lorenzo Rocci, istituzione per gli studenti del classico.
Con la sua scelta registica la Sinigaglia è riuscita a reinterpretare non solo le Baccanti ma anche l’intero teatro greco, scavando nel suo più profondo significato e cercando (con successo) di trasmetterlo al pubblico in una sorta di ‘morale’ finale per far comprendere che ciò cui si assiste a teatro non sono solo adattamenti o riscritture di tragedie di due millenni fa ed ermetiche per la maggior parte del pubblico ma sono e devono essere qualcosa di più, qualcosa di inconcepibilmente vicino e attuale.
Questo contenuto fa parte del Progetto scuole di Stratagemmi_prospettive teatrali