La storia di Sara è uno dei tanti episodi di violenza di genere che ormai tragicamente si è quasi abituati a sentire. Una storia che, se non ha ancora un lieto fine, per adesso ha un finale meno terribile di altri, dal momento che la sua protagonista è viva, combattiva e circondata da persone che la sostengono. Viva Sara Viva è uno monologo-denuncia messo in scena presso la Biblioteca Baggio nel contesto di FringeMI 2024, ideato e interpretato da Claudia Fontana, attrice che da qualche anno si dedica al teatro civile. È la performer stessa a dare alcune informazioni sul lavoro, dopo gli applausi di fine spettacolo, per sottolinearne il chiaro intento di sensibilizzazione. La performance ripercorre infatti, come un reportage, una vicenda purtroppo reale, in un formato che sarebbe fruibile anche tramite podcast o reading. I movimenti dell’attrice sul palcoscenico sono infatti pressoché assenti: in piedi di fronte al suo pubblico, Claudia Fontana vuole farsi testimone, ripetendo a quante più persone possibile una vicenda che non deve essere dimenticata, perché è la storia di molte altre donne e ogni tentativo di mettere il luce il tema, ancora tristemente all’ordine del giorno, non può che essere positivo. Ai fatti di cronaca, l’artista spiega di aver aggiunto alcuni elementi di finzione affinché il monologo funzionasse meglio dal punto di vista drammaturgico, e non è difficile per lo spettatore immaginare quali. Così, partendo dal primo romantico incontro fra Giuliana e Luigi, i genitori della vittima, il pubblico è introdotto alla biografia di Sara, giovane donna originaria di un piccolo paese della bergamasca, estetista di formazione, con una famiglia amorevole alle spalle e un senso di giustizia innato. Alla voce narrante si alternano le battute dei vari personaggi, ognuno associato a un gesto o a una postura impiegati dall’attrice al momento di dare loro voce, e ulteriormente distinti grazie all’espediente delle cadenze dialettali. Sara, per esempio, parla in bergamasco con le mani spesso giunte, dondolandosi sul posto in modo esitante, sopraffatta dalle vicende della sua vita in cui si è trovata immersa, senza quasi rendersi conto. In maniera dettagliata, senza lasciarci alcun dubbio, Fontana sceglie di raccontare come Sara abbia conosciuto Marco, l’ex marito che ha tentato di ucciderla, in seguito a una relazione altrettanto tossica terminata con una delusione amorosa. Gli episodi selezionati dalla performer, esemplari ed espliciti, dipingono un quadro quasi caricaturale nella sua drammaticità per raccontarci come nessuna sia davvero in salvo dalla violenza, psicologica e fisica, del proprio fidanzato, compagno o marito: la protagonista infatti scusa molti comportamenti inaccettabili perché poi «se lui la bacia così, vuol dire che la ama»! Anche di Marco ci viene descritta la situazione familiare, questa volta attraverso la voce di Antonia, la madre dell’uomo che, in una posa da comare affacciata alla finestra, inanella luoghi comuni uno dopo l’altro con un esagerato accento pugliese. Quando invece a parlare è Luca, il figlio di Sara e Marco, le luci si spengono e l’attrice sceglie di esprimersi con una vocina infantile e lo sguardo rivolto al soffitto, verso quel cielo da cui scendeva la neve il giorno dell’aggressione e in cui – come gli ha raccontato la madre – vanno le persone che muoiono, sottolineando così come il piccolo non possa ancora capire del tutto la situazione e con essa le dinamiche del mondo degli adulti, il sistema patriarcale ancora vigente e i vizi dei procedimenti giudiziari che sembrano proteggere un uomo che ha cercato di uccidere la sua ex moglie. Con l’ingresso nella storia dell’avvocato Gemma e del giudice Piero il ritmo della narrazione si velocizza, denunciando senza mezzi termini il maschilismo del sistema e i pochi anni di carcere assegnati a Marco, poiché incensurato al momento del crimine, e i conseguenti sforzi di Gemma di fare giustizia. La narrazione si arresta bruscamente, perché ancora non vi è una fine: Marco sarà ben presto rimesso in libertà e il procedimento legale non è ancora concluso. La storia di cui Claudia si fa portavoce esula quasi dalla dimensione artistica del teatro: ha tutta l’urgenza e l’impellenza di affrontare un tema sociale per il quale non c’è più tempo per mezzi termini o analisi velate, solo grida di denuncia.
Chiara Carbone
in copertina: foto di Davide Aiello
VIVA SARA VIVA
Scritto, diretto e interpretato da Claudia Fontana
Contenuto scritto nell’ambito dell’osservatorio critico di FringeMI 2024