Cos’è oggi l’inferno? Conflitti armati, disastri naturali? O qualcosa di più intimo, un dramma personale contro cui ognuno di noi combatte quotidianamente?
Prima di intraprendere l’esplorazione de Il Viaggio: l’Inferno di Roberto Provenzano, gli spettatori vengono fermati da una maschera che consegna loro una moneta. Una volta entrati in sala, si scorge nella penombra del proscenio una figura incappucciata: con il volto nascosto e le mani raccolte davanti al petto, reclama con gesti minimali ma eloquenti il gettone, quasi un dazio per attraversare la soglia tra il mondo reale e l’universo che si andrà a creare durante la performance. Lentamente, la luce in scena diventa più intensa e, virando verso i toni del blu, illumina gli oggetti presenti sul palco. Il performer si gira di spalle, e con una camminata che accelera in una corsa sul posto, lascia cadere a terra le monete raccolte e la tunica, svelando una divisa militare. Il viaggio può iniziare.
I canti in cui è divisa la Divina Commedia diventano in questo lavoro dei quadri, tasselli di un mosaico con cui si cerca di raffigurare la complessità della natura umana. Oltre al peccato e alla tracotanza, il protagonista porta in scena la fondamentale fragilità dell’uomo, mostrandone le incertezze e le incoerenti oscillazioni tra un estremo e l’altro: il soldato impegnato a scagliare trottole come fossero bombe si ritrova accovacciato nel buio, aggrappato alla labile fiamma di una candela e confortato da una ninna nanna in cui cerca la dolcezza dell’infanzia. I passaggi tra una scena e quella successiva avvengono in modo improvviso, attraverso repentine modifiche delle luci e della musica: una sconnessione che risulta a tratti faticosa per la mente dello spettatore. Il trait d’union in questi tagli rimane la figura del protagonista, allo stesso tempo guida e vittima in un percorso che, seppur ispirato al viaggio del Sommo Poeta, si pone, di fatto, come una riflessione generale sull’animo umano.
I cambi d’abito sottolineano le trasformazioni della personalità, mentre il corpo e le sue attitudini assumono, di volta in volta, accezioni diverse: da organismo fragile in balia di correnti esterne, in cerca di un “centro di gravità permanente”, a stendardo della mascolinità che assume pose da culturista sotto luci stroboscopiche, in una fiera delle vanità che dura il tempo di un remix techno del capolavoro di Battiato.
L’utilizzo della parola, espressa con qualità recitative e canore non indifferenti, si alterna a sequenze di movimento intense, svelando una poliedricità artistica che può sostenere lo spettatore nella comprensione del lavoro: mentre alcuni gesti potrebbero risultare astratti, passaggi come il Discorso all’umanità de Il grande dittatore di Chaplin non corrono il rischio di fraintendimenti e riportano lo spettatore coi piedi per terra. Oltre alle citazioni cinematografiche, la drammaturgia dello spettacolo si avvale del contributo di fonti storiche: il performer si ingozza con un imbuto mentre le casse diffondono la registrazione del discorso sulle leggi razziali del 1938 di Mussolini, una propaganda apparentemente difficile da digerire ma che riesce a imporsi e immettersi nel sistema. Una scena che evidenzia ulteriormente come l’uomo sia instabile, incerto dei propri ideali, e più propenso invece ad accettare un nutriente veleno.
Il tragitto introspettivo del protagonista culmina con il palesarsi esterno di un inferno sulla cui natura non si possono avere dubbi: su un lenzuolo teso viene proiettato un montage di situazioni tristemente conosciute e attuali, dalle alluvioni che distruggono città, alle bombe, ai corpi insanguinati, ai volti di noti dittatori. In sottofondo a voce di Edith Piaf ammonisce il pubblico: forse “rien de rien” è quello che rimarrà se l’uomo non farà pace con se stesso, se continuerà a trasformare i vizi del singolo in catastrofi per l’umanità.

Beatrice Botticini Bianchi


foto di copertina: Eros Brancaleon

regia e interpretazione Roberto Provenzano
musica Windmill by the Ocean, Léo Delibes, Franco Battiato/Gabry Ponte, Edith Piaf
costumi Montse Miralles, Dorotea Pellegrino, Salvatore Provenzano
disegno luci Sammy Torrisi
tecnico luci Anna Boix Alvarez
visual effects Ferdinand Dreyssig
fotografia Nora Baylach, Serena Nicoletti, Eros Brancaleon
riprese video Eros Brancaleon. Peppe Tiralosi, Andrea Di Giovanni
produzione Scenario Pubblico / Compagnia Zappalà Danza Centro di rilevante interesse nazionale
coproduzione e residenze Roca Umbert Fàbrica de les Arts (Granollers-Barcellona), Scenario Pubblico Centro Nazionale di Produzione della Danza (Catania), Danseu Festival (Les Piles-Tarragona), MILANoLTRE Festival


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