Vista

In Todes, creazione di Francesca Marconi, la vista sembra essere il senso più attutito, addirittura superfluo. Allo spettatore, che già sulla soglia della porta viene investito da molti stimoli diversi, in gran parte acustici, viene suggerito, forse anzi imposto, di abbandonare la vista, di raccogliersi e prestare ascolto. 

La porta della galleria On/Off è sempre aperta, di per sé un invito a immergersi a capofitto nell’installazione, e costituisce il costituisce il limine della vista e il limite del suo spazio d’azione. La soglia permette allo spettatore una rapida occhiata sommaria della stanza prima che percepisca le linee guida per la buona riuscita dell’esperienza: chiudi gli occhi, apri le orecchie e libera il cuore. La premessa di una “vista ribassata” è suggerita non solo dalla preponderanza della componente acustica ma anche dal fatto che i cartelloni riportino la stessa frase (“tanto tempo fa qui c’era l’oceano”) che, se da un lato funge da fil rouge tra le diverse culture e lingue, dall’altro sembra annebbiare la vista, che lascia dolcemente la nitidezza delle singole parole e si abbandona all’audio in sottofondo, ininterrotto e costante come le onde dell’oceano.

Todes chiede allo spettatore una partecipazione, anzi una compartecipazione, attenta e sentita: le parole, le voci, i pensieri devono poter fluire liberamente e arrivare senza filtri. La vista è il senso alla base della nostra percezione quotidiana ed è anche il maggior veicolo di pregiudizi e incomprensioni. Marconi chiede di mettere da parte l’apparenza visiva e, per una volta, di concentrarsi sull’essenza del pensiero, senza mediarlo con le informazioni superflue trasmesse da chi lo esprime. Come l’altro si veste, come si muove, come si presenta non conta, non deve contare. La “vista ribassata” consente un ascolto profondo e genuino. Solo all’uscita allo spettatore è permesso di riappropriarsi della vista. La soglia ricopre, questa volta, la funzione opposta ed esorta chi ha partecipato all’esperienza a rintracciare nella via i suoni, gli odori e le suggestioni che ha ricevuto, donando loro forma e colore mediante l’uso del senso visivo. 

Esci da Todes e guardi via Padova con occhi nuovi. 

Anna Anghileri


Udito

Clacson, motorini che sfrecciano, tram che sferragliano: questo è il “tappeto” sonoro a cui Milano ha abituato i suoi abitanti, almeno prima che il silenzio innaturale del lockdown rendesse assordanti il canto degli uccellini, lo sciabordio delle fontane e il ticchettio di passi solitari. Una rinnovata capacità di ascolto si rivela strumento prezioso per immergersi in Todes, l’installazione audio con cui Francesca Marconi restituisce la colonna sonora di via Padova.

Varcata la soglia della galleria On/Off, la traccia diffusa in loop aiuta gli ascoltatori a dirimere il caos esterno, grazie alla voce degli abitanti intervistati che ne scompongono il sottofondo indistinto mettendo a fuoco alcuni elementi di un intreccio eterogeneo: la tradizione cantautorale di Battisti si fonde con le musiche arabe e un violino si accompagna al pop di Tiziano Ferro; qualcuno predilige un ascolto individuale e raccolto attraverso le cuffiette, qualcun altro punta sulla potenza delle «casse scadenti sulla panchina». E allora non è un caso che, in alcuni momenti, Todes esca dall’intimità dello spazio chiuso per restituire alla comunità ciò da cui ha attinto: un performer vestito con abiti appariscenti attraversa il Parco Trotter e le vie adiacenti munito di una cassa che trasmette proprio le parole degli abitanti del quartiere. In questa azione quasi “meta-cittadina”, in grado di sfumare il confine tra i protagonisti della performance e quelli che vi assistono come pubblico, appare in modo inequivocabile la naturale sinergia col contesto: le persone guardano, si fermano ad ascoltare, ma non sembrano troppo stupite, perché – semplicemente – riconoscono se stesse e accolgono la normalità del quotidiano anche nell’eccezionalità in cui l’arte la trasforma.

Nadia Brigandì


ph Francesca Marconi

Tatto

“Toccare con mano” è l’espressione che solitamente si utilizza per indicare di voler fare esperienza diretta del mondo, perché è attraverso il senso del tatto che fisicamente definiamo ciò che ci circonda. In questa frase però dimentichiamo che  tutti i sensi posso essere descritti attraverso un’esperienza tattile. L’udito non è altro che la membrana del timpano toccata dalle vibrazioni sonore; la vista è il risultato della luce che toccando la retina degli occhi  produce impulsi visivi. Lo stesso accade per l’olfatto e il gusto; il primo è basato sull’incontro tra odori e cellule olfattive mentre il secondo tra cibo e papille gustative. In tutti e cinque i casi la percezione è resa possibile da un contatto, da un incontro, perciò si potrebbe definire il tatto come il senso che racchiude in sé tutti gli altri; ed è proprio la totalità dell’esperienza tattile che domina la fruizione di Todes.

Fare esperienza del lavoro di Francesca Marconi equivale a immergersi in una moltitudine di sensazioni, farsi toccare da innumerevoli stimoli che ci raccontano via Padova. «Tanto tempo fa qui c’era l’oceano» è la frase riportata sui manifesti esposti nella galleria, ma la sensazione è che l’acqua  non se ne sia mai andata. Immergendoci in Todes facciamo un bagno sensoriale nell’oceano di via Padova che ci regala gioia, stupore ma anche spavento e paura. Nuotiamo ma soprattutto tocchiamo e veniamo toccati dal mare di esperienze che il quartiere ci regala. Se però via Padova può diventare un mare, può diventare anche un corpo, ed è cosi che Marconi la immagina e chiede di immaginarla alle mille voci raccolte. Un corpo che, attraverso la restituzione che ne viene fatta, ci sembra di poter toccare, vivo davanti a noi. Tocchiamo delle mani sudate, sporche e rovinare, tocchiamo un grande cuore gentile che batte ma tocchiamo anche il sangue che scorrendo prende vari colori. Il corpo di via Padova ci si materializza davanti, il tatto diviene contatto, percezione e infine scambio; così forse si potrebbe riassumere l’esperienza, uno scambio reciproco tra un corpo e un altro.  

Milena Borgonovo


Questi contenuti fanno parte dell’osservatorio critico Raccontare le Alleanze