Scrivere un’opera prima può essere un’impresa titanica. Per molti artisti emergenti, la via più immediata è quella dell’autobiografia: partire da sé per sondare le crepe di una generazione, di un’epoca, di un’identità collettiva. Stupido Unicorno – ultimo approdo del percorso autoriale di Tobia Rossi – gioca con questo modello, lo imita, lo sovverte. In scena c’è una prima persona, Igor, scritta da Rossi e interpretata da Umberto Petranca: una voce che si presenta come autentica, ma che è finzione dichiarata, pura costruzione narrativa.
Attore trentenne e omosessuale, Igor sfrutta l’occasione del Fringe milanese per testare davanti al pubblico la proposta di una serie “alla Netflix” ispirata alla propria vita, che spera di vendere a un produttore. Il prato che circonda le assi di legno del Cascinet, nel verde del quartiere Ortica, si trasforma così in una sala di montaggio a cielo aperto. Il racconto procede con la precisione sintattica di uno storyboard, avanzando per stacchi, close-up, jump cut, flashback.
Su questa grammatica frammentaria da linguaggio audiovisivo, si innesta la vicenda personale della voce narrante: reduce da una rottura sentimentale, Igor viene convinto con uno stratagemma dalla madre a lasciare Milano per tornare nel proprio paese d’origine. Lì incontra Eros, giovane universitario che lo coinvolge nell’allestimento del presepe vivente. Ma il ritorno nella casa d’infanzia innesca anche un viaggio a ritroso nella memoria, facendo riaffiorare ricordi legati al rapporto irrisolto con il padre e ai primi passi nel mondo dello spettacolo.
La drammaturgia di Rossi è centrifuga e famelica. Si muove tra traiettorie eterogenee – il dolore della solitudine, l’ansia dell’invecchiamento, il desiderio di successo, il disincanto verso il mondo artistico – componendo un mosaico sfaccettato, ma volutamente irrisolto. I temi emergono, si sfiorano e poi si disperdono, un po’ come in un campo lungo alla Orson Welles: lo sguardo resta ampio, sfuggente, più evocativo che analitico. Del resto, ci ricorda Igor, si tratta solo del teaser del pilot della sua serie tv: uno sguardo veloce, distratto, tipico della fruizione compulsiva promossa dalle piattaforme di streaming.
Dal groviglio narrativo emergono due fili portanti. Il primo riguarda il ritorno alla terra d’origine: costretto a rientrare in paese, l’attore riscopre nella tradizione del presepe vivente un gesto collettivo, un modo per stare insieme e riconoscersi come parte di una comunità. In quel contesto si apre una possibilità diversa: smettere di cercare di distinguersi a ogni costo, e iniziare invece a desiderare un posto a cui appartenere.
Il secondo asse è invece quello dell’io istrionico, performativo, a tratti narcisistico. Sin da bambino, quando è stato ospite in un celebre programma televisivo, Igor è cresciuto inseguendo il bisogno di compiacere ed essere apprezzato, come se la fama e il successo servissero a giustificare la sua presenza nel mondo. Sotto lo scintillio dell’ambizione, si muove un desiderio più profondo: essere visto, desiderato, riconosciuto come “unico” – come un unicorno.
Il finale suggerisce una svolta: deciso a mettere da parte la propria individualità, Igor sceglie di restare in paese per collaborare alla realizzazione del presepe vivente. Subito dopo, però, esce di scena attraversando il pubblico in monopattino, con zaino in spalla e casco in testa. Torna a Milano, dove l’indomani lo aspetta il colloquio con il produttore. Non ha rinunciato all’ambizione di trasformare la propria vita in una sceneggiatura: lungi dall’essersi dissolta, la volontà di distinguersi si è semplicemente travestita da storytelling, la forma più accettabile (e commerciabile) del narcisismo contemporaneo. Con Stupido Unicorno, Rossi e Petranca raccontano una società cresciuta sotto la promessa, e poi sotto la pressione, di essere eccezionale. Una generazione che fatica a disincagliarsi dal bisogno di apparire. È possibile davvero smettere di desiderare di essere speciali? O vogliamo solo che qualcuno ci produca?

Alessandro Stracuzzi 


immagine di copertina: foto di Alessandro Villa

STUPIDO UNICORNO
di Tobia Rossi
con Umberto Petranca

La recensione fa parte dell’osservatorio critico dedicato a FringeMI Festival 2025