Nona è la celebre sinfonia di Beethoven, da lui stesso orchestrata nel 1824 una volta divenuto quasi completamente sordo. Nove sono le sezioni di lavoro che Hélène Blackburn, direttrice artistica di Cas Public, costruisce per dare vita a questo spettacolo. Nove sono anche gli anni in cui Cai Glover, danzatore professionista della compagnia, sviluppa la sua disabilità uditiva. E proprio da questa coincidenza “numerica”, apparentemente casuale, nasce il titolo di un magistrale lavoro artistico e politico. In 9 la danza contemporanea e il balletto classico si fondono con la lingua dei segni, per dare vita a uno spettacolo fatto di ritmi rapidissimi e di gesti eseguiti con precisione millimetrica. Cinque instancabili danzatori, Cai Glover, Gianni Illiaquer, Norika Isomura, Adrian Maxwell-Campagna, Zack Preece, Élodie Scholetes-Labrecque, danzano una battaglia civile assolutamente attuale: quella per l’inclusività.
Il movimento in scena è implacabile: la compagnia si intreccia passando continuamente da quintetti, a quartetti, a trii e duetti con un gesto tanto fulmineo quanto estremamente nitido e controllato. L’uso della luce contribuisce a sottolineare il dinamismo della rappresentazione: i fasci luminosi dei faretti appaiono e scompaiono costantemente, seguendo il corpo, la voce e lo schiocco delle dita dei danzatori. La luce guida l’occhio dello spettatore in un repentino e continuo cambio di attenzione, che segue la velocità dei movimenti, senza tuttavia compromettere in nessun modo la comprensione di ciò che accade in scena. Nel frattempo sul fondale scorre un video che mostra la storia di un bambino non udente e le sue interazioni con altri ragazzi, dopo aver rimosso l’apparecchio acustico. La continuità tra la realtà scenica e quella riprodotta nel video è sottolineata da alcuni oggetti: la macchinina telecomandata, di cui il bambino ha il controllo nel filmato, si trova sul palco, le sedie bianche, che ritornano più volte sullo schermo, vengono utilizzate a più riprese anche in scena. Oltre a creare diversi spazi di azione, la loro differente dimensione — una più piccola, una più grande — può rappresentare, in scena e nella narrazione, un elemento temporale, come una sorta di “indicatore cronologico”. In una scena, poi, Cai Glover fa il gesto di invitare qualcuno a sedersi, a prendere il suo posto. In questo senso le sedie sostengono la dimensione empatica che attraversa tutta la rappresentazione: si cerca di dare un punto di vista nuovo, altro rispetto al proprio, perché ogni diversità, offrendo punti di visti alternativi, è da ritenere sempre una risorsa, secondo le parole della coreografa Hélène Blackburn. Come ricorda la voce del video, la mancanza di udito, è qualcosa che non si può sperimentare completamente, che non si può comprendere fino in fondo, al contrario della cecità che viene invece sperimentata da una danzatrice che in duetto si esibisce con una benda sugli occhi. Eppure, nonostante tutto, sul palco, Cas Public mette in scena e rende fruibile, per qualsiasi tipo di pubblico, il tentativo di andare oltre i limiti del silenzio. Il corpo, ancora una volta, si mostra portatore di un linguaggio universale ma allo stesso tempo complesso, di una lingua tanto comprensibile quanto evocativa e poetica.

Caterina Nicau Castanho


foto di copertina: Damian Siqueiros

coreografia Hélène Blackburn
interpreti Cai Glover, Gianni Illiaquer, Norika Isomura, Adrian Maxwell-Campagna, Zack Preece, Élodie Scholetes-Labrecque
drammaturgia Johan De Smet
musica Martin Tétreault
video Kenneth Michiels
disegno luci Emilie B-Beaulieu & Hélène Blackburn
scenografia Hélène Blackburn
costumi Michael Slack & Hélène Blackburn
stampe Richard Ferron
foto Damian Siqueiros


Questo contenuto è parte dell’osservatorio critico MILANoLTREview