È rimasto nella memoria collettiva Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo, film capace di accedere i riflettori su una regione per lo più sconosciuta e inesplorata. Eppure oggi la Basilicata sta vivendo un processo di fermento e apertura al resto della penisola, al quale contribuiscono il successo di Maratea come meta turistica – sempre più in competizione con le spiagge pugliesi come luogo di divertimento giovanile e bellezze naturalistiche – e la vittoriosa candidatura di Matera a capitale europea della cultura 2019. Matera è traino del percorso di sviluppo, ma sta ancora lavorando per realizzare appieno le proprie potenzialità culturali: fondamentale per la crescita è, ed è stato, il coinvolgimento di associazioni, scuole e cittadini su tutto il territorio regionale. Lo stesso dossier di candidatura a capitale della cultura, dall’emblematico nome Open Future, conteneva non a caso anche un piano di lavoro esteso a tutto il territorio. Sin da ora, a quattro anni dall’investitura ufficiale a capitale culturale, gli operatori culturali lucani stanno lavorando per mettere il moto processi virtuosi.
Proprio in questo clima favorevole nasce Teatri Diffusi, progetto della Regione Basilicata (con IAC-Centro Arti Integrate, la compagnia L’Albero di Melfi (PZ), l’Associazione L’Ambulante di Cagliari, Idea Agorà di Fossano (TO) e la rete europea Circus Next) di formazione, promozione e divulgazione teatrale, che, si auspica, faccia da capofila alla realtà teatrale lucana. Da luglio 2015 a luglio 2016 cinque residenze in cinque comuni lucani cercheranno di favorire il confronto tra operatori culturali e artisti locali e nazionali con lo scopo di diffondere il teatro contemporaneo in un territorio dall’offerta artistica limitata e per lo più tradizionale. Attori e registi verranno ospitati dalle cittadine della Basilicata e lavoreranno, in un costante scambio con gli abitanti del luogo attraverso incontri e momenti conviviali, sul tema, estremamente attuale, della fuga. Fuga, che non è (solo) quella di chi scappa dalla guerra o dalla povertà estrema, richiedenti d’asilo o “semplici” migranti, che proprio in Basilicata costituiscono però la gran parte dei braccianti agricoli. La fuga è anche quella degli abitanti della Lucania, che a loro volta sono emigranti: giovani, la gran parte, che si spostano per l’università e non tornano più, persone alla ricerca – all’interno dei confini nazionali – di altro (stimoli, occasioni lavorative, fortuna che sia).
Ed è stata proprio la prima residenza, svoltasi a Tito (PZ) a cura della compagnia Principio Attivo Teatro a indagare quest’ultimo aspetto: la fuga come spopolamento di un territorio e abbandono della patria con la performance La mia patria è dove l’erba trema. Ha condiviso i ricordi dell’esperienza Giuseppe Semeraro, attore e regista della compagnia: “siamo stati ospitati in un albergo ormai in disuso, che al termine della residenza avrebbe accolto un gruppo di rifugiati. Nei primi giorni di lavoro i cittadini si interrogavano propio sull’identità di queste persone, su cosa avrebbe voluto dire condividere il territorio con loro. Per qualche strana coincidenza, il gruppo di rifugiati è arrivato prima, mentre eravamo ancora lì. Coinvolgerli nella performance, cogliere un momento così speciale per interrogarsi insieme sul significato di patria e accoglienza è stato emotivamente molto forte”.
La seconda residenza a Melfi (PZ) (28 settembre – 4 ottobre), ha coinvolto invece il regista milanese Gianluigi Gherzi e si è concentrata sul tema della fuga come migrazione, altra faccia della medaglia (se non causa) dello spopolamento. Fondamentale per Gherzi, che con il suo Teatro degli Incontri lavora spesso sulla territorialità e i temi della migrazione e della fuga, è stato “inserire elementi di tensione contemporanea. Se nella prima parte della performance si sono ripercorse le memorie di migrazione della generazione dei nonni degli attori insieme alle eseperienze dei migranti che arrivano in Italia, nella seconda c’è stato un lavoro di raccordo con le loro esperienze dirette: le migrazioni personali vissute in prima persona o da coetanei dei ragazzi che hanno partecipato a questa residenza.” Punto di partenza è stato il testo Uomini e caporali di Alessandro Leogrande che indaga il fenomeno diffuso del caporalato, conseguenza dell’arrivo delle folle di migranti in Italia. Secondo Gherzi il punto fondamentale è “non essere politically correct, ma prendere atto della realtà di ciò che accade in Basilicata, anche attraverso il ricongiungimento con la realtà degli attori, raccordando le loro emozioni con le immagini del ghetto viste durante il percorso svolto in residenza.”.
Le prossime residenze, i cui bandi non sono ancora stati pubblicati, affronteranno invece il tema centrale da un punto di vista metaforico: la fuga d’amore e quella dalla realtà. A concludere il progetto un grande evento a Matera, condotto da Circus Next e Associazione culturale Idea Agorà, un ritorno alle origini, a quelle radici da cui si fugge, con la richiesta al territorio di essere terreno fertile per ciò che si cerca altrove. Anche se il lavoro da fare per diventare competitivi sul piano delle possibilità ed offerte culturali è grande, sembra che la Basilicata stia sfruttando al meglio gli stimoli che un evento, in realtà circoscritto, come Matera capitale europea della cultura 2019 porta. Che la Lucania possa diventare, oltre che meta turistica, anche case history esemplare per lo sfruttamento di un evento come volano positivo per lo sviluppo culturale e territoriale?
Alessia Calzolari