Come definireste il vostro linguaggio?

La Lucina
Con due parole: transdisciplinare e transmediale. Transdisciplinare perché ci sono diversi linguaggi di scena che si compenetrano e ognuno sopperisce alle mancanze dell’altro. Transmediale perché la questione del medium, inteso come linguaggio e come mezzo, passa attraverso una compenetrazione continua, un’eterna un’oscillazione tra le diverse “grammatiche”. Speriamo di annullarne le differenze e di far ricordare e sentire qualcosa di unico.

Aronica/Barra
Il nostro linguaggio è l’italiano. L’italiano medio, anzi basso… molto basso. Utilizziamo il linguaggio comico perché è in questo mondo che è nata la nostra ricerca. Tutti conoscono questo linguaggio perché siamo figli della televisione, siamo figli di “Sarabanda”, è brutto da dire, perché ogni tanto pensi “ma la cultura, il teatro? Ora prendo in mano le tragedie greche!”, ma la nostra compagnia non è quella cosa. Noi siamo “Moseeeca”, siamo “Chi è Tatiana?”. Siamo cresciuti con Zelig e Paolo Migone.

Diapason
Analisi, del testo prima di tutto. Abbiamo un modo preciso di “vivisezionare” il testo per poter mettere in fila gli avvenimenti, che vanno a costituire la superficie di qualcosa di più profondo.

La ballata dei Lenna
Dal punto di vista formale, e del linguaggio ne Il paradiso degli idioti è ancora molto presente la tradizione del teatro di prosa, ma ci sono già fughe verso il visionario: accoglie l’inizio di un processo di contaminazione che nelle opere successive è molto più evidente. Ultimamente, ad esempio, ci stiamo concentrando sullo studio dell’immagine, che restituiamo a teatro nelle forme più disparate.

A quali maestri e modelli vi ispirate? Quali sono i vostri riferimenti drammaturgici?

La Lucina
Questo spettacolo è nato uscendo dal Teatro Litta dopo aver visto Amleto + Die Fortinbrasmaschine di Roberto Latini. Roberto Latini ci piace, ma ci piacciono anche Daria Deflorian e Lucia Calamaro, dal punto di vista teatrale. Dal punto di vista della danza, siamo di gusto totalmente espressionista. La danza per noi è quella del primo Novecento. Per il resto siamo più che altro senza riferimenti, ma possiamo fare i nomi della Chouinard, di Pina Bausch e soprattutto di Maria Consagra.

Aronica/Barra
A. – Tutto è cominciato quando su Youtube mi è capitato di vedere un video di un’intervista a Nino Formicola – il Gaspare del duo comico Gaspare e Zuzurro –  che, al funerale di Andrea Brambilla (Zuzzurro), diceva: “Da oggi Gaspare e Zuzzurro non esistono più”; la morte di uno dei due concludeva l’esistenza della coppia. Ho pensato che fosse una cosa pazzesca. Caso vuole che in quel periodo Gaspare, che credo sia passato in un momento buio, abbia partecipato all’Isola dei famosi. È drammatico che un artista dopo vent’anni di comicità (e con dei buoni risultati!), vada a fare un’esperienza di quel genere.
B. – C’è stato anche un episodio significativo che ci ha fatto riflettere e ci ha permesso di sviluppare più a fondo il nostro lavoro, facendoci capire che il fenomeno che stavamo studiando sulle coppie comiche famose riguarda anche le coppie comiche assolutamente non famose, come siamo noi. Alle persone che ci conoscono, se nomini Stefano viene in mente subito anche Salvatore. Salvatore? Eh sì, Stefano.
A. – Per esempio, se io vi chiedo: chi è Ale di Ale e Franz? Non lo sapete. Quando io vado da amici mi chiamano Stefano e chiamano lui Salvo. Non esiste più neanche l’identità. Esiste solo Salvo e Stefano. Il nostro riferimento è comunque il comico in generale da quello degli anni ’90 a Stanlio e Olio, da Gianni e Pinotto a Don Camillo e Peppone. Insomma, ci piace ridere.

Diapason
Riguardo ai maestri credo che il riferimento principale per il nostro metodo sia il lavoro per l’attore di Michail Čechov. A livello drammaturgico forse Eduardo e Pirandello. Riferimenti classici, archetipici, ma che per motivi diversi hanno dato la spinta alla scrittura. Come autore in generale, però, il primo modello è Pasolini. Il suo coraggio è stato un grande stimolo per iniziare a far qualcosa di nostro.

La ballata dei Lenna
Se ci chiedete quali sono i nostri maestri non ve li sappiamo indicare: ci sono molti grandi cui ci ispiriamo, ma non accogliamo l’eredità vera e propria di nessuno. Ci mancano dei punti di riferimento così solidi e indiscutibili, che invece altri artisti hanno saputo e sanno trovare. Non abbiamo mai incontrato qualcuno disposto a dirci: “Vi ho dato questo, ora andate con le vostre gambe”. Abbiamo ormai capito che dobbiamo farcela da soli e siamo scesi a patti con questa mancanza. Avremmo voluto dei maestri che ci facessero da padri per poterli ascoltare e poi uccidere, e di questo parla lo spettacolo che portiamo a HORS, che rispetto agli altri nostri lavori è profondamente introverso e autoriflessivo.

Tutto il mondo sta aspettando un grande evento, che si terrà fra una settimana. Parteciperanno all’evento almeno 15 milioni di persone. Senza preavviso gli organizzatori vi chiamano e vi spiegano che vorrebbero lasciare alla vostra compagnia 10 minuti di palco. Che cosa fate? Che cosa portate in scena?

La Lucina
Prepariamo un foglio di sala, con tutte le citazioni possibili e immaginabili, e lo distribuiamo. La gente si aspetta di vedere qualcosa e invece viene semplicemente letto il foglio di sala. Buio. Questo è il nostro sogno.

Aronica/Barra
B. – Io porterei quello che siamo noi senza metterci a provare, improvvisando tutto.
A. – Io pagherei quattro persone per portare una bara in scena, accompagnate da un jingle pubblicitario, con Barra in piedi con le braccia incrociate per dieci minuti. Mi immagino quei quattro che continuano ad andare in giro per il palco. Il titolo? Funeral palle.

Diapason
Gianpaolo – Io porterei Dante Alighieri. Un canto di Dante…
Ludovico – Forse scriverei qualcosa, scriverei un discorso. E poi c’è sempre Shakespeare.
Tano – Ma no ragazzi, dai! Dieci minuti, abbiamo detto? A questo punto porterei le mie canzoni, perché credo che la musica sia uno dei mezzi di comunicazione più efficaci. In effetti, se ci pensiamo, anche in molte opere di Shakespeare ci sono delle canzoni che però, spesso, vengono tagliate.
Alessandro – Io invece non ci andrei. Oppure cazzeggerei per 9 minuti e mezzo e poi sfrutterei solo gli ultimi 30 secondi per leggere il Recitativo Corale di De André. Però per attirare l’attenzione è importante cazzeggiare per 9 minuti e mezzo…

La ballata dei Lenna
È molto difficile rispondere: 15 milioni sono tanti! Salire sul palco e stare in silenzio sarebbe d’effetto, ma è una soluzione troppo semplice. Sfrutteremmo questa visibilità per veicolare un messaggio politico: se l’artista ha l’opportunità di dire qualcosa in un contesto simile se ne deve prendere la responsabilità. Probabilmente esprimeremmo il nostro punto di vista su cosa vuol dire per noi comunità, in un’epoca in cui ci siamo persi come esseri umani anche a causa della routine che i mezzi di comunicazione ci hanno messo in testa. Altrimenti si potrebbe fare un “attentato gentile”: chiedere a tutti gli spettatori un euro a testa per dare il ricavato in beneficenza.

 

A cura della redazione di HORS in progress